Una donna immensa chiamata Matilde Serao
Ha raccontato Napoli meglio di chiunque altro: a ben oltre un secolo dalla pubblicazione, "Il ventre di Napoli" è ancora oggi attuale
Ha raccontato Napoli meglio di chiunque altro: a ben oltre un secolo dalla pubblicazione, "Il ventre di Napoli" è ancora oggi attuale
“Tra le donne che ho incontrato là, la più straordinaria è stata senza dubbio Matilde Serao, la scrittrice e giornalista napoletana. […] Con il suo abbigliamento e la sua cadenza stridenti, appariva assurda in quel salotto, dove tutto era in penombra e in semitono – ma quando incominciava a parlare era padrona del campo”, così la grande scrittrice Edith Wharton descrisse la grande giornalista italiana. Le due donne si erano conosciute a Parigi, nel celebre salon della contessa Rosa de Fitz-James, dove Matilde Serao era stata invitata grazie al successo delle traduzioni in francese dei suoi libri. Un successo che non le venne riservato nei salotti nostrani, che non apprezzavano il fatto che lei fosse una donna libera e forte.
Nata il 14 marzo 1856 a Patrasso, in Grecia, Matilde Serao era figlia di un avvocato napoletano antiborbonico e di una nobile decaduta. Fu proprio la madre Paolina Borrelly a diventare il suo modello di vita, oltre che la sua prima insegnante, visto che la famiglia si trovava in esilio e aveva pochi mezzi. Con il ritorno in Italia unita, nel 1861, i Serao si stabilirono a Napoli, dove il padre trovò lavoro come giornalista. Matilde, ancora adolescente e in ritardo dal punto di vista dell’educazione scolastica, si trovò immersa nell’ambiente editoriale, sviluppando una grande passione per la scrittura. E pensare che fino a otto anni non aveva imparato a leggere e scrivere, forse per qualche difficoltà di apprendimento, poi risolta brillantemente.
Dopo il diploma come maestra e un breve periodo come impiegata ai Telegrafi di Stato, iniziò così a scrivere racconti sul Giornale di Napoli e alcune novelle firmate con lo pseudonimo Tuffolina. Nel 1882 si trasferì a Roma, dove collaborò per diversi anni con la rivista Capitan Fracassa, occupandosi di svariati argomenti, dalla cronaca rosa alla critica letteraria. Un anno dopo venne pubblicato il suo primo romanzo di successo, Fantasia, che venne però duramente stroncato dalla critica. A pesare era anche l’opinione che i salotti romani avevano di lei: erano in molti a non vedere di buon occhio i suoi modi schietti, la sua fisicità e la sua indipendenza, inusuale per una donna di fine Ottocento. “Quelle damine eleganti non sanno che io le conosco da cima a fondo, che le metterò nelle mie opere”, scrisse Matilde Serao. “Esse non hanno coscienza del mio valore, della mia potenza”.
Nel 1885 sposò uno dei suoi primi detrattori, il giornalista Edoardo Scarfoglio, fondatore del Corriere di Roma. Proprio l’uomo che così aveva descritto il suo romanzo:
Si può dire che essa sia come una materia inorganica, come una minestra fatta di tutti gli avanzi di un banchetto copioso, nella quale certi pigmenti troppo forti tentano invano di saporire la scipitaggine dell’insieme… Il linguaggio poi vi si dissolve sotto le mani per l’inesattezza, per l’inopportunità, per la miscela di vocaboli dialettali italiani e francesi.
In realtà Matilde Serao aveva accettato la critica, riconoscendo di “non saper scrivere” e di non essere intenzionata a cambiare, come dichiarato al futuro marito:
Vi confesso che se per un caso imparassi a farlo, non lo farei. Io credo, con la vivacità di quel linguaggio incerto e di quello stile rozzo, d’infondere nelle opere mie il calore, e il calore non solo vivifica i corpi ma li preserva da ogni corruzione del tempo. Difendeva la sua personalità. Lo stile dei suoi libri le somigliava.
Diventata madre di Antonio, Carlo, Paolo e Michele, Matilde Serao non poté comunque rinunciare alla scrittura. Qualche anno dopo, tornata a Napoli con il marito e i figli, si dedicò al nuovo Corriere di Napoli, per cui scrissero anche Giosuè Carducci e Gabriele D’Annunzio. Instancabili, nel 1891 i due coniugi lasciarono il giornale per fondare Il Mattino, di cui Serao era co-direttrice. Era l’inizio di un nuovo successo editoriale e personale per Matilde Serao, presto funestato da gravi problemi matrimoniali.
Nel 1892, dopo un litigio col marito, la giornalista lasciò la città per andare a riposarsi in Val d’Aosta, come raccontato nella biografia contenuta nel libro Amanti. Durante la sua assenza, Edoardo Scarfoglio conobbe la cantante di teatro Gabrielle Bessard e se ne invaghì. Dopo due anni di frequentazione, la donna rimase incinta e chiese all’amante di lasciare la moglie per stare con lei. Al suo rifiuto, il 29 agosto 1894 Gabrielle Bessard si presentò a casa Scarfoglio e si sparò: morì qualche giorno dopo in ospedale. Oltre alla figlioletta, lasciò sull’uscio anche la sua lettera d’addio, rivolta a lui “Perdonami se vengo a uccidermi sulla tua porta come un cane fedele. Ti amo sempre”. Il Mattino tacque la notizia, che venne diffusa dal Corriere di Napoli e sconvolse il pubblico. Scarfoglio affidò la piccola a Matilde Serao, che la prese con sé, chiamandola Paolina. Per la coppia, però, ormai era tutto finito e il matrimonio naufragò definitivamente.
Dopo infamanti accuse di corruzione, che la spinsero a lasciare Il Mattino, nel 1903 Matilde Serao ritrovò l’amore tra le braccia dell’avvocato e giornalista Giuseppe Natale e fondò un nuovo giornale, Il Giorno. Diventata ufficialmente la donna più importante del giornalismo italiano, non rinunciò alla sua vita privata: ebbe un’altra figlia, che chiamò Eleonora, e nel 1917 sposò il compagno. Candidata al Premio Nobel per la letteratura nel 1926, che venne invece assegnato a Grazia Deledda, l’anno successivo si spense a Napoli. Morì a causa di un infarto facendo quello che aveva sempre amato fare: scrivere.
Il ventre di Napoli, capolavoro della Serao, ha la forza della verità che si fa letteratura, del rifiuto per quella retorica a base di golfo e colline fiorite che serve per quella parte di pubblico che non vuole essere seccata con racconti di miserie. La scrittrice si sofferma sulla capacità di sopravvivenza dei napoletani, nonostante le condizioni avverse, e sulle loro usanze singolari per rispondere al morbo e alla morte, usanze che sconfinano nel paganesimo e nella pratica di riti occulti. La sua denuncia resta, a un secolo di distanza, di straordinaria attualità.
Le Leggende napoletane di Matilde Serao sono frammenti di lunghi avvenimenti dimenticati, connessi a questi simboli ed arricchiti dalla sua immaginazione, trasformati in magia che trascina gli adulti in quel regno fantastico troppo spesso relegato ingiustamente al solo mondo infantile. Un omaggio allo spirito di Napoli e della sua gente, ai monumenti ad ai paesaggi assimilati dalla sua anima, alla città da lei amata. Sono storie semplici, dal linguaggio semplice, ma imbevute di immagini incisive di una città piena di contrasti.
Dal lontano 1901 e dalla abile penna di Matilde Serao, ecco un vademecum di buone maniere che significativamente l’autrice denominò Saper vivere. Le pagine guidano il lettore dell’epoca a come preparare un pranzo per ospiti illustri, a come scegliere i regali di Natale, a come organizzare un matrimonio, insomma a come la nuova borghesia napoletana dovesse presentarsi sulla scena di quell’inizio secolo. Il libro però non è solo un colorito spaccato dei costumi e delle regole di un’Italia perduta per sempre; è anche una divertente lettura di raffinati suggerimenti sul bon ton nella vita sociale che sembrano resistere all’usura del tempo.
Francesco Sangiorgio, giovane politico della Basilicata pieno di fantasia e di orgoglio tutto meridionale, arriva a Roma in veste di deputato nel periodo post-unitario. Un collega, dinanzi al mirabile panorama della Città Eterna, mentre si commemora il combattimento del Vascello, lo avverte che “Roma non si dà a nessuno… la sua forza, la sua potenza, la sua attitudine è una virtù quasi divina: l’indifferenza”. Ma lui, ottimista, gli risponde che saprà conquistarla. I suoi primi discorsi pubblici ottengono un discreto successo. Quando un ministro è costretto alle dimissioni, chi lo sostituisce, don Silvio Vargas, lo prende sotto la sua ala protettrice. Sangiorgio si ritrova a trascorrere lunghi momenti con don Silvio e con la giovane, bella, algida moglie di lui. E s’innamora… Romanzo più polemico che artistico, scritto quando già il contatto col naturalismo francese cominciava a turbare l’ingenuo realismo napoletano e sentimentale della scrittrice, La conquista di Roma racconta le conseguenze della mediocrità spirituale, della fatuità degli affetti, delle mezze virtù, e restituisce, forte dell’istinto alla decrittazione e del senso dell’ambiente della Serao, il vigore realistico della vita sociale e politica romana.
Web content writer e traduttrice. Parlo poco, scrivo tanto e cito spesso Yeats.
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