Luglio 1970: sui muri di Roma appare un misterioso manifesto a nome della rivista Rivolta femminile. Si tratta di un elenco di 65 punti che rappresentano l’atto costitutivo di uno dei primi gruppi femministi. Tra le persone che hanno elaborato il testo c’è anche Carla Lonzi, scrittrice e critica d’arte, insieme alla giornalista Elvira Banotti e alla pittrice Carla Accardi.

Il manifesto della rivista anticipa di fatto i temi cari al femminismo, partendo dal fatto che la donna non dovesse più essere definita in rapporto all’uomo e che quest’ultimo non doveva più essere il “modello a cui adeguare il processo della scoperta di sé da parte della donna”.  Vi si legge inoltre una citazione di Olympe de Gouges, drammaturga vissuta al tempo della Rivoluzione francese e tra le prime femministe della storia.

Le donne saranno sempre divise le une dalle altre? Non formeranno mai un corpo unico?

Al tempo della nascita di Rivolta femminile, Carla Lonzi aveva già alle spalle anni di impegno e attivismo a favore dei diritti delle donne. Nata a Firenze nel 1931, fin da piccola aveva seguito un percorso fondato sull’autodeterminismo, scegliendo a soli nove anni di andare a studiare in collegio per staccarsi dalla famiglia. Tornata a casa nel 1943, su richiesta del padre, si rese conto di non poter rinunciare alla sua autonomia. Dopo il liceo classico e la laurea in Lettere, fu quindi risoluta nella sua decisione di farsi strada nel mondo del lavoro ed essere indipendente.

Mentre lavorava come segretaria a Roma conobbe il chimico Mario Lena, che sposò nel 1958 e da cui ebbe l’unico figlio, Battista. Ma il matrimonio non era fatto per lei e l’unione si sgretolò dopo poco, proprio mentre la sua attività di critica d’arte prendeva forma. Dialogò con alcuni dei più famosi artisti italiani, rivoluzionando il modo in cui veniva percepito il mondo dell’arte in Italia, che culminò nella pubblicazione di Autoritratto, raccolta di dialoghi artistici che sancì anche la fine del suo percorso come critica.

Sul finire degli anni Sessanta si avvicinò al movimento femminista, diventando uno dei volti e delle voci della contestazione. Dopo aver fondato una piccola casa editrice, nel 1970, si dedicò alla saggistica, lasciando Rivolta femminile: un anno dopo uscì La Donna Clitoridea e la Donna Vaginale, un testo importante nato per spiegare come storicamente alle donne sia stata “imposta una coincidenza tra meccanismo di piacere e meccanismo di riproduzione che non c’è”.

Dal punto di vita patriarcale la donna vaginale è considerata quella che manifesta una giusta sessualità, mentre la clitoridea rappresenta l’immatura e la mascolinizzata, per la psicoanalisi freudiana addirittura la frigida. La donna vaginale è quella che è stata portata a una misura consenziente per il godimento del patriarca mentre la clitoridea è una che non ha accondisceso alle suggestioni emotive dell’integrazione con l’altro, che sono quelle che hanno presa sulla donna passiva, e si è espressa in una sessualità non coincidente col coito.

Il matrimonio restava ancora il culmine della rinuncia alla libertà femminile.

Senza l’abolizione dello schema sessuale maschile e senza una presa di coscienza della donna vaginale non esiste femminismo. E il patriarcato, come epoca storica, è ancora al riparo dalla fine. Significa infatti che il matrimonio resisterà come modello di rapporto poiché viene contestato solo come istituzione e non come ruoli sessuali e struttura di coppia.

Rileggendo oggi gli scritti di Carla Lanzi, scomparsa prematuramente nel 1982 appena cinquantenne, appare evidente che la parabola femminista degli anni Settanta non si sia conclusa e compiuta con il raggiungimento di alcuni traguardi fondamentali per la donna, ma che sia ancora un work in progress.

La donna non è la grande madre, la vagina del mondo, ma la piccola clitoride. Per la sua liberazione essa chiede carezze, non eroismi. Vuole dare carezze, non assoluzione e adorazione. La donna è un essere umano sessuato. Al di fuori del legame insostituibile comincia la vita tra i sessi. Non è più l’eterosessualità a qualsiasi prezzo, ma l’eterosessualità se non ha prezzo.

1. Il pensiero di Carla Lonzi

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