“Voglio qualcosa di più del marito, dei figli e della casa”: così scriveva Betty Friedan, scrittrice e femminista americana, nel celebre saggio Mistica della femminilità, uno dei testi fondamentali della seconda ondata mondiale femminista, quella del 1968. Osservando la sua situazione e quella di molte altre donne con cui aveva studiato, capì che era in atto una vera e propria involuzione, culminata nel classico modello della casalinga americana perfetta tanto in voga negli Anni Cinquanta. “Nessuna donna arriva all’orgasmo lucidando il pavimento della cucina” divenne una delle frasi più celebri del suo libro, rappresentando una sorta di invito alla rivoluzione.

La mistica della femminilita'

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Nata come Bettye Naomi Goldstein il 4 febbraio 1921 in Illinois, apparteneva a una famiglia ebrea di origine russa e ungherese. Suo padre possedeva una gioielleria, ma a causa di una malattia dovette rinunciare al lavoro, lasciando che fosse sua moglie ad andare a lavorare. La madre iniziò così a scrivere per un quotidiano, scoprendo quanto fosse più gratificante per una donna potersi realizzare fuori dalle mura domestiche.

Fu sicuramente il primo esempio per Bettye, che fin da giovanissima iniziò a frequentare circoli politici, lottando contro l’antisemitismo. Si appassionò anche alla scrittura, collaborando con il giornale scolastico e fondandone uno con alcune amiche. Dopo essersi laureata brillantemente in psicologia, ottenne una borsa di studio per continuare gli studi all’università di Berkeley. Tuttavia, dopo un anno abbandonò il suo dottorato, dietro le pressioni del ragazzo che stava frequentando. Fu una scelta di cui si pentì in seguito, come raccontò più tardi nelle sue memorie, Life so far.

Life So Far: A Memoir

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Dopo aver lasciato l’università, nel 1946 Betty Friedan iniziò a lavorare come giornalista per pubblicazioni di sinistra e sindacaliste, come ricorda un articolo del New York Times. Un anno dopo sposò Carl Friedan, aspirante produttore teatrale e pubblicitario, da cui ebbe tre figli. La maternità non le impedì di lavorare, ma preferì dedicarsi a lavori freelance, per riviste femminili come Cosmopolitan. Di certo, la sua vita personale fu uno dei motivi che la spinsero a trattare tematiche relative al ruolo della donna nella società: nacque così Mistica della femminilità.

Un po’ alla volta sono giunta alla conclusione che c’è qualcosa di fondamentalmente errato nel modo in cui oggi le donne americane cercano di vivere la loro vita. L’ho avvertito dapprima nella mia vita, come moglie e madre di tre bambini che stava adoperando le proprie capacità e la propria istruzione in un’attività che la teneva lontana da casa, traendone quasi un senso di colpa. Fu proprio questo disagio che nel 1957 mi indusse a dedicare un lungo periodo di tempo a preparare un questionario da inviare alle mie ex compagne di college, quindici anni dopo il conseguimento del baccellierato a Smith. Le risposte date a quelle domande da duecento donne mi fecero comprendere che ciò che v’era di errato non poteva essere ricollegato all’istruzione nel modo in cui allora si riteneva di poter fare.

I risultati del suo sondaggio la spinsero ad approfondire il contesto in cui la donna americana cresceva e a cui era costretta ad abituarsi, per non essere considerata diversa o non all’altezza delle aspettative di una società profondamente patriarcale.

I problemi e le soddisfazioni delle loro vite e della mia, e il modo in cui l’istruzione che avevamo ricevuto vi aveva contribuito, non s’attagliavano all’immagine della donna americana moderna di cui si scriveva nelle riviste femminili, che veniva studiata e analizzata nelle aule e nelle cliniche, che era stata lodata e condannata con un fiume incessante di parole già dalla fine della seconda guerra mondiale. C’era una curiosa discrepanza tra la realtà delle nostre vite di donne e l’immagine a cui cercavamo di conformarci, quell’immagine che a un certo punto ho deciso di chiamare la mistica della femminilità. Cominciai a chiedermi se altre donne si trovavano davanti a questa frattura schizofrenica, e che cosa significava.

La situazione da lei tratteggiata apriva uno scenario quasi apocalittico per le donne americane della fine degli Anni Cinquanta. L’età media del matrimonio era scesa sotto i vent’anni e quattordici milioni di ragazze erano già fidanzate a 17 anni. Se nel 1920 la proporzione delle donne che frequentavano il college, rispetto agli uomini, era del 47 per cento, nel 1958 era scesa al 35 per cento. Cosa stava succedendo? Perché decenni prima le donne si erano battute per avere eguali diritti, mentre le sue coetanee andavano al college per cercare marito, salvo abbandonare prima della fine del corso per sposarsi? La colpa, secondo Betty Friedan, era da attribuire al “sistema” e anche a ciò che le donne leggevano.

Dalla voce della tradizione e da quella degli ambienti freudiani le donne appresero che non potevano desiderare destino migliore di quello di gloriarsi della propria femminilità. Gli esperti insegnarono loro come accalappiare un uomo e tenerlo, come allattare i figli e insegnargli ad andare al gabinetto, come affrontare la rivalità tra fratelli e la ribellione dell’adolescenza; come comprare un lavastoviglie, fare il pane in casa, cucinare lumache alla francese e costruire una piscina con le loro mani; come vestire, acconciarsi e comportarsi in modo più femminile e come rendere il matrimonio meno noioso; come impedire ai mariti di morir giovani e ai figli di diventare delinquenti.

E non solo: si diffuse anche l’idea che “le altre”, quelle che studiavano, fossero in realtà solo tristi.

Impararono a compatire quelle donne nevrotiche, poco femminili e infelici che volevano fare le poetesse, le scienziate o essere presidentesse di qualche associazione. Appresero che le donne veramente femminili non desiderano perseguire una professione, ricevere un’istruzione superiore, esercitare i loro diritti politici: che cioè non desiderano quell’indipendenza e quelle prospettive per cui le femministe d’altri tempi avevano combattuto. Qualche donna tra i quaranta e i cinquant’anni si ricordava ancora di aver rinunciato con rammarico a quei sogni, ma le donne giovani, nella grande maggioranza, non ci pensavano nemmeno. Migliaia di esperti plaudivano alla loro femminilità, al loro adattamento, alla loro nuova maturità. Non si chiedeva loro che di dedicare la vita, sin dall’infanzia, a trovare un marito e a partorire figli.

Mistica della femminilità divenne subito un bestseller e Betty Friedan si trovò catapultata in un turbinio di interviste per la tv, la radio e la stampa. La rivoluzione non poteva fermarsi e fu così che nel 1966 nacque NOW (National Organization for Women), un’organizzazione che si batteva per i diritti delle donne. La battaglia per l’aborto, negli Anni Settanta, fu solo una delle tante cause supportate e portate avanti in prima persona. Betty continuò a scrivere, mentre nuove generazioni di femministe si esponevano, ma i suoi libri successivi non ottennero mai lo stesso fulminante successo della sua prima opera. Morì per problemi cardiaci nel 2006, il giorno stesso del suo ottantacinquesimo compleanno.

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