La vita di Ayaan Hirsi Ali, scrittrice, politica e attivista somala, è nettamente divisa in due. C’è la prima parte, quella dell’infanzia passata tra diversi paesi africani, seguendo il tirannico padre che a cinque anni la fa sottoporre a infibulazione e che a venti la promette in sposa senza il suo consenso a un uomo sconosciuto. E poi c’è la seconda parte, che inizia subito dopo le nozze. In viaggio verso il Paese in cui avrebbe dovuto abitare con il marito, il Canada, decide di fare a scalo in Germania e da lì fugge verso una nuova esistenza. Verso la libertà.

Giunta in Olanda, ottiene la cittadinanza e si laurea in Scienze politiche, interessandosi alla cultura classica e all’illuminismo europeo. Nel 2001 vede un servizio del telegiornale in cui si parla delle molestie di alcuni studenti musulmani verso insegnanti gay, giustificate da un imam, e decide di scrivere una lettera a un giornale olandese. Le sue idee fanno scalpore e attirano l’attenzione, spingendola verso la politica. Un anno dopo, abbandona definitivamente la religione musulmana e inizia a scrivere.

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Nel 2003 viene eletta nel parlamento olandese e l’anno seguente scrive la sceneggiatura del cortometraggio Sottomissione, in cui si denunciano gli abusi che subiscono le donne nel mondo islamico. Pochi mesi dopo, il regista del film Theo van Gogh viene assassinato e anche lei viene minacciata di morte. Da allora Ayaan Hirsi Ali vive protetta da una scorta armata, ma non ha rinunciato a scrivere. Anche nell’ultimo suo libro, Eretica, spiega la sua lotta.

È mia intenzione mettere a disagio molte persone: non solo i musulmani, ma anche i difensori occidentali dell’Islam. Non lo farò disegnando vignette, voglio invece sfidare secoli di ortodossia religiosa con idee e argomenti che, sono certa, saranno definiti eretici: l’Islam non è una religione di pace.

Oggi vive negli Stati Uniti, Paese in cui ha diritto alla protezione personale, che l’Olanda non poteva concederle: i suoi vicini di casa non riuscivano a sopportare l’incombente minaccia dei terroristi. Nonostante le difficoltà, Ayaan Hirsi Ali, non tornerebbe mai indietro alla sua prima vita, come ha spiegato tempo fa in un’intervista alla Stampa.

Sono contenta, perfino felice. Perché decido io il mio destino. Naturalmente ho i miei alti e bassi, però sono libera di accettare o di cambiare responsabilmente la mia vita. Se invece mi fossi limitata a vivere come mi è stato insegnato, secondo i comandamenti di mio padre, secondo i comandamenti di Allah, sarei solo un automa. A volte era bello sentirsi dire che cosa fare, obbedire e basta, non pensare, ma più spesso mi sentivo soffocare. Quando vedo tutte queste donne che, una generazione dopo l’altra, subiscono in silenzio, penso che posso aiutarle parlandone, facendo in modo che sappiano che parlarne è possibile.

Se una rivoluzione è possibile, allora deve passare attraverso le donne.

L’Islam ha una componente religiosa, che rispetto, ma ne ha anche una politica e ideologica che eleva la collettività al di sopra dell’individuo: è questa che io combatto. […] Credo che sia giunto il momento di dire che Dio si è sbagliato, che Maometto si è sbagliato nel dichiarare le donne sottomesse, ma quando lo dico mi accusano di blasfemia. Invece è Dio che è stato blasfemo contro di me, contro il mio corpo, contro il mio intelletto, contro la mia sessualità. Nell’Islam è solo attraverso la blasfemia che si ottiene qualcosa.

1. Ayaan Hirsi Ali, "Eretica"

 

Eretica. Cambiare l'Islam si può

Eretica. Cambiare l'Islam si può

In Eretica Ayaan Hirsi Ali intende demolire i luoghi comuni sull’Islam – quelli che ci impediscono di riconoscere che la violenza, e la sua giustificazione, sono esplicitamente presenti nei suoi testi sacri.
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Attraverso la sua drammatica esperienza, tessendo insieme analogie storiche ed esempi illuminanti della società musulmana contemporanea, in Eretica Ayaan Hirsi Ali intende demolire i luoghi comuni sull’Islam – quelli che ci impediscono di riconoscere che la violenza, e la sua giustificazione, sono esplicitamente presenti nei suoi testi sacri. Solo guardandolo per quello che è potremo risolvere il problema sempre più pressante e globale della violenza politica perpetrata in nome della fede.

2. Ayaan Hirsi Ali, "Non sottomessa"

 

Non sottomessa. Contro la segregazione nella società islamica

Non sottomessa. Contro la segregazione nella società islamica

Non sottomessa comprende anche la sceneggiatura di Submission, il film del regista Theo van Gogh. Per le sue idee, gli stessi che hanno ritenuto blasfemo il film di Theo van Gogh hanno condannato Ayaan Hirsi Ali a morte.
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Non sottomessa comprende anche la sceneggiatura di Submission, il film del regista Theo van Gogh. Per le sue idee, gli stessi che hanno ritenuto blasfemo il film di Theo van Gogh hanno condannato Ayaan Hirsi Ali a morte.

3. Ayaan Hirsi Ali, "Infedele"

 

Infedele

Infedele

Ayaan Hirsi Ali apre uno squarcio nel racconto drammatico della propria vita, dall’infanzia fino alla fuga dall’islam, in Infedele.
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“Sono cresciuta tra la Somalia, l’Arabia Saudita, l’Etiopia e il Kenya. Sono arrivata in Europa nel 1992, a ventidue anni, e vi ho trovato una nuova casa. Ho girato un film con Theo Van Gogh che per questo è stato ucciso a sangue freddo da un estremista islamico, e da allora vivo tra guardie del corpo e automobili blindate. Poi un tribunale olandese ha ordinato che lasciassi la mia casa: il giudice ha dato ragione ai miei vicini nel ritenere pericolosa la mia presenza nel quartiere. Per questo me ne sono andata.” Con queste parole Ayaan Hirsi Ali apre uno squarcio nel racconto drammatico della propria vita, dall’infanzia fino alla fuga dall’islam, in Infedele.

4. Ayaan Hirsi Ali, "Se Dio non vuole"

 

Se Dio non vuole

Se Dio non vuole

Adan ed Eva hanno entrambi dodici anni, vivono ad Amsterdam, frequentano la stessa classe. Ma potrebbero essere su due pianeti diversi, infatti la loro amicizia darà luogo a una vera e propria faida fra le famiglie.
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Adan ed Eva hanno entrambi dodici anni, vivono ad Amsterdam, frequentano la stessa classe. Ma potrebbero essere su due pianeti diversi. Adan, musulmano di origine marocchina, abita a Slotermeer, quartiere popolare ad alto tasso di immigrazione: una stanza per quattro fratelli e uno sgabuzzino per le due sorelle, la delinquenza alla porta, voglia di riscatto. Eva, figlia unica, appartiene alla ricca borghesia ebraica: abiti su misura, argenteria, manicure, ma un profondo senso di inadeguatezza nato dagli scontri quotidiani con la matrigna. Sono due solitudini che si incontrano sui banchi di scuola. Nasce un’amicizia. E cominciano i guai. L’ostilità delle famiglie e i pregiudizi culturali sono troppo forti per due adolescenti, e ogni tentativo di conoscersi meglio degenera in catastrofe. Fino a che i due tenteranno una fuga, mano nella mano, portando la città sull’orlo della sommossa. È la trama di Se Dio non vuole.

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