C’era una volta una principessa esagerata e senza limiti, figlia di Qualcuno di Importante (papà) e Una di Noi (mamma), che si chiamava Qualcosa di Troppo. La principessa piangeva troppo, rideva troppo, si muoveva troppo, faceva tutto troppo. I Ragazzini Abbastanza la evitano, perché… era troppo.  Fino a che un dolore vero, lancinante, la sorprese e la lasciò “con un buco al posto del cuore”. E lei, che sentiva forti tutte le emozioni, troppo, ora non sente più nulla.

È la principessa, triste e moderna, dell’ultimo romanzo di Chiara Gamberale, Qualcosa, che ci sorprende con la sua poetica calviniana dopo La zona cieca (2008, Premio Campiello Giuria dei Letterati), Le luci nelle case degli altri (2010), Per dieci minuti (2013) e Avrò cura di te, scritto a quattro mani con Massimo Gramellini.

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Avrò cura di te

Complici anche le illustrazioni leggere e dense di significato di Tuono Pettinato, “Qualcosa” ci cala in un mondo surreale, maldestramente comico e tragico, terribilmente umano.

Com’è possibile, lei che “spaccava i lampadari con un vagito, dormiva di fila per ventotto ore. Scalciava, correva. Sempre più degli altri. Una vita senza stare in panchina un attimo, neanche per cambiarsi le scarpe”… ora non sente più nulla. Qualcosa di Troppo cerca affannosamente nuove emozioni in Smorfialibro, il Facebook della fiaba, e s’innamora di un Principe sempre allegro, di un Conte sempre triste, di un Duca sempre indignato e vive tante, troppe avventure… Ma sarà solo l’incontro con il Cavalier Niente, che passa il giorno a «non-fare qualcosa di importante», la vera avventura.

Un romanzo da leggere, che ha la grazia di una fiaba e dice con parole leggere concetti pesanti, che denunciano una società, la nostra, sempre più vittima di richiami vuoti ma ossessivi e di pericoli camuffati da promesse di felicità che, sistematicamente, sta dove è sempre stata, nelle piccole cose che contano, nell’imperfezione di essere vivi e di non sapere come si fa.

Un’illustrazione di Tuono Pettinato

Ma a parlarcene è la stessa Chiara Gamberale, con cui abbiamo parlato proprio del suo ultimo romanzo.

Smarchiamo subito la questione amore. Cos’è per te e fino a quando basta?
Io credo che l’amore sia l’unica possibilità che abbiamo per trasformarci e trasformare. E basta fino a quando non gli chiediamo di darci Tutto. E ci accontentiamo della possibilità di essere Qualcosa. Qualcosa di Uguale solo a noi stessi.

Se “Qualcosa” fosse solo una favola, perché chiaramente non lo è, quale sarebbe la morale?
Che “è il puro fatto di stare al mondo la vera avventura”.

E nella vita reale, quanto si rischia di essere principesse di Qualcosa di Troppo?
Quando, pur di non patteggiare con il vuoto che abbiamo dentro, lo esorcizziamo stordendoci e pretendendo che quello che sta fuori ci completi o ci riempia.

Come ha cambiato le relazioni Smorfialibro e che uso ne fa lei
I social network sono senz’altro uno straordinario strumento: ma l’importante, come per tutte le cose, è non finire noi (ab)usati dallo strumento, come purtroppo rischia di accadere e non solo ai più giovani, a tutti noi… Personalmente mi difendo dal rischio della mia stessa compulsività con un Nokia dell’altro secolo, con cui mi è possibile solo fare e ricevere chiamate e spedire e ricevere sms. Internet comunque resta un pericolo per me, nei periodi in cui l’umore è basso: e rischia di trasformarsi in un vaso di Pandora che si prende le mie energie, il mio tempo. Ma non mi dà niente in cambio. Non a caso, quando scrivo, parto per isole remote, dove il wifi, se c’è, traballa…

Brunori Sas è un altro come lei che sottolinea questo imperativo moderno di rimuovere il dolore e nasconderlo sotto il tappeto, e ne “La verità” canta “il dolore serve proprio come serve la felicità”.
È d’accordo? Perché ci fa tanta paura e siamo sempre impreparati?
Sono assolutamente d’accordo. E solo affrontando il dolore possiamo fare come Qualcosa di Troppo e trasformare i buchi che abbiamo nel cuore in passaggi segreti: cioè elaborare. Credo che proprio questo, paradossalmente, ci faccia paura: l’idea di potere, anche grazie alla sofferenza, cambiare. Veniamo al mondo per questo, eppure, nel profondo, non c’è niente che ci terrorizzi di più.

Quali sono, se ci sono, le altre sue ossessioni?
Aiuto! Sono talmente tante… Ma la più pericolosa è il terrore della morte delle persone che amo. Non a caso Qualcosa comincia con un grave lutto, per la mia protagonista.

In un’intervista, parlando di Facebook, ha detto di non essere mai connessa ma di sapere di soffrire di dipendenza e ha aggiunto “Se usassi Facebook ci finirei dentro”.  Cos’altro le crea dipendenza?
L’amore, il lavoro…Tutto quello che amo fare rischia di trasformarsi in una dipendenza: io purtroppo ho proprio una natura tossica, dipendente. Proprio per questo, appunto, mi tengo lontana dai social…

Perché il vero principe azzurro è il Cavalier Niente?
Perché non è un principe e non è azzurro! Insomma: perché non l’ha immaginato la protagonista. Esiste. Come per ognuno di noi fatalmente gli altri cominciano a esistere, appena smettiamo di caricarli di aspettative, bisogni e proiezioni.

 

Se dovesse scegliere il passaggio per lei più denso di significato di Qualcosa, quale sarebbe?
La nostalgia di Niente, che assale la protagonista dopo ogni finto innamoramento, è la più grande rivelazione che questo libro mi ha regalato…

Come si immagina il futuro. È ottimista o la spaventa?
Mi piace pensare, per dirla con Tom Robbins, che non sia mai troppo tardi per costruirsi un’infanzia felice… Sia a livello individuale che come società-

Il libro che vorrebbe aver scritto?
Il teatro di Sabbath, di Philip Roth.

Ovviamente, non può mancare la domanda sui prossimi progetti
Vorrei, per una volta, imparare dal Cavalier Niente: e concentrarmi sul presente. Su questo libro, su quanto mi ha dato mentre lo scrivevo e quanto mi sta dando, grazie ai lettori e alle loro interpretazioni.

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