Virginia Woolf è stata una delle scrittrici più significative e rivoluzionarie del Novecento. La sua vita è stata raccontata e scandagliata approfonditamente, ma ancora oggi c’è un aspetto importante che sembra continuare a restare all’oscuro. Solo la biografa Louise DeSalvo, nel libro Virginia Woolf: The Impact of Childhood Sexual Abuse on Her Life and Work, ha tentato di sollevare il velo sulle presunte molestie sessuali subite durante l’infanzia.

Secondo la DeSalvo, che ha analizzato i suoi diari e ogni suo appunto, la Woolf sarebbe stata molestata dai 6 fino ai 23 anni. Il libro, pubblicato diversi anni fa, rappresenta l’unico tentativo di spiegare come le “cicatrici” di quel terribile trauma possano aver segnato la scrittrice fino alla fine dei suoi giorni, portandola forse alla drammatica decisione di togliersi la vita. Disturbi alimentari, disturbi del sonno, depressione, sbalzi d’umore, difficoltà ad approcciare le relazioni sessuali e infine l’istinto suicida: sarebbero tutte conseguenze degli abusi subiti.

Partendo dalla psicanalisi, la biografa si è focalizzata sull’ambiente soffocante della casa in cui Virginia si trovò a crescere. Nata a Londra nel 1882, la Woolf era figlia di genitori alle seconde nozze. Suo padre, sir Leslie Stephen, fu uno storico, critico letterario e alpinista, mentre sua madre Julia aveva lavorato come modella per diversi pittori famosi. Oltre a Virginia, gli Stephen ebbero anche Vanessa, Thoby e Adrian. Julia aveva già avuto però tre figli (George, Stella e Gerald) dal suo primo marito, mentre Leslie aveva avuto una figlia, Laura. Una grande famiglia allargata, che creò non pochi problemi alla fragile Virginia e anche alle altre sorelle.

Secondo quanto raccontato dalla DeSalvo, Laura sarebbe stata confinata in una parte separata della casa a soli 12 anni, per poi essere mandata in campagna a 17 e infine in un istituto psichiatrico a 21, dove rimase fino alla morte. Considerata da tutti pazza, forse fu vittima di quel clima asfissiante, in particolar modo del severo padre. Stella, figlia di primo letto della mamma di Virginia, veniva trattata come una serva, mentre Virginia e la sorella Vanessa sarebbero state molestate dai fratellastri Gerald e George Duckworth dal 1888 al 1904.

Nei suoi diari e nelle sue lettere, Virginia Woolf raccontò quel periodo come “gli anni da schiava greca”. Fece numerose allusioni a quanto provato, paragonando quelle esperienze traumatiche all’affogamento: stando alla DeSalvo, non sarebbe quindi un caso se, nel 1941, scelse di togliersi la vita abbandonandosi nel fiume Ouse con dei sassi nelle tasche. Proprio nel gennaio 1941, poco prima di suicidarsi, Virginia Woolf scrisse una lettera all’amica Ethel Smyth in cui raccontava quanto accaduto con Gerald. Lei aveva sei anni, mentre lui diciotto.

Ancora rabbrividisco dalla vergogna al ricordo del mio fratellastro, in piedi e appoggiato a me su una sporgenza, all’età di circa sei anni, che mi esplorava le parti intime. Perché avrei dovuto provare vergogna allora?

La stessa cosa avvenne anche con l’altro fratellastro, ma quando lei aveva circa 13 anni e lui 28. In una lettera del 1936, definì George “il mio fratello incestuoso”.

Una situazione che Virginia Woolf avrebbe raccontato da adulta anche al consorte, agli altri familiari e agli amici, come rivelato dalla Woolf in una precedente lettera del 1934 e spedita alla sorella Vanessa dopo la morte di George. “Leonard dice che Laura è l’unica che è stata risparmiata”, scrisse, facendo intendere che suo marito Leonard Woolf sapesse tutto. Ancora oggi, però, i discendenti negano, come raccontato da Emma Woolf, figlia del nipote di Virginia e Leonard, in un articolo per il Daily Mail. “Velenoso e privo di prove”: così è stato definito il libro della DeSalvo. Impossibile stabilire quale sia la verità, ma le parole di Virginia restano e sono ancora dolorose.

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