Chi sono i sensitivity reader, le nuove figure professionali dell'editoria

I sensitivity reader sono editor specializzati che - leggendo i manoscritti in procinto di pubblicazione - possono fornire il proprio contributo per prevenire eventuali errori legati a tematiche sensibili, quali quelle relative al genere, all'etnia, alla cultura, alla religione e all'orientamento sessuale. Particolarmente diffusi nel mondo anglosassone, sono ancora poco noti in Italia. Vediamo chi sono e come si articola il loro lavoro.

Un uomo bianco, cisgender ed etero può scrivere delle vicende e dei dissidi interiori di un uomo trans? Una donna europea può narrare le traversie di una famiglia aborigena? E un uomo americano può raccontare la lotta contro l’apartheid dal punto di vista di una persona nera?

Sì, se fanno ricorso ai cosiddetti sensitivity reader, ossia le nuove figure professionali del mondo dell’editoria contemporanea che si occupano di vagliare le opere letterarie ponendo estrema attenzione a parole, scene e raffigurazioni che potrebbero risultare offensive e irrispettose nei confronti di determinate fasce della popolazione.

Di che cosa si tratta nello specifico? Vediamolo insieme.

Chi sono i sensitivity reader?

Ancora poco noti in Italia, ma particolarmente diffusi nel mondo anglosassone, i sensitivity reader (“lettori della sensibilità/diversità”) sono editor specializzati in tematiche specifiche, competenti in ambito editoriale e letterario, generalmente giovani e aggiornati sui dibattiti che popolano il panorama culturale internazionale, chiamati a collaborare con le case editrici per fornire il proprio parere sui manoscritti in procinto di essere pubblicati.

Il loro lavoro non sostituisce quello delle altre figure editoriali coinvolte nel processo di trasformazione del volume da testo a libro pronto per la vendita – come gli editor, i redattori e i correttori di bozze -, bensì lo arricchisce e lo sfaccetta, offrendo il proprio contributo da un punto di vista particolare e altamente settoriale.

I temi su cui i sensitivity reader sono chiamati a intervenire sono, infatti, quelli che potrebbero suscitare disagi, indignazione e malumori a determinate persone, soprattutto se afferenti a comunità socialmente marginalizzate. Il loro compito consiste, appunto, nel porre in luce e segnalare al team di lavoro – e all’autore nello specifico – passaggi e sfumature dell’intreccio che, se pur inconsapevolmente, contengono bias, pregiudizi o stereotipi, oppure rafforzano discriminazioni nei confronti di individui appartenenti a gruppi culturali, etnici o sessuali considerati minoritari o “ghettizzati” a livello sociale.

Il compito dei sensitivity reader

Di qui, il valore e il supporto prezioso dei sensitivity reader, lettori specializzati che possono prevenire errori e indelicatezze – compiute perlopiù ingenuamente – e garantire, in questo modo, una maggiore inclusività e un più ampio rispetto delle diversità che abitano il mondo che ci circonda e in cui siamo immersi. E nei confronti delle quali – senza la prospettiva di chi le conosce in maniera approfondita – si potrebbe rischiare di risultare irrispettosi o di suscitare turbamento mediante rappresentazioni narrative falsate ed erronee.

Il ruolo degli “editor della sensibilità(nella maggior parte dei casi afrodiscedenti, persone con disabilità o membri della comunità LGBTQI+) è, allora, quello di fornire all’autore suggerimenti, opinioni e riflessioni utili per dipingere al meglio una comunità o una cultura di cui l’autore stesso non ha personale esperienza, e che potrebbe incorrere in sbagli o mistificazioni senza la supervisione di chi – per appartenenza o studio – ne è, invece, esperto.

Come spiega Rebecca McNally, direttrice editoriale di Bloomsbury Children’s Books:

Pensiamo che [i sensitivity reader] siano di particolare aiuto su alcuni progetti editoriali, dal momento che molti autori apprezzano realmente la visione di una prospettiva editoriale specialistica, e la considerano parte del processo. Riteniamo che si tratti di un altro tipo di lettura esperta, la quale solleva domande che a ogni redattore, per quanto rigoroso, potrebbero sfuggire, dando, così, l’opportunità all’autore di rivedere il proprio testo attraverso una particolare lente. Ma non è detto che gli autori implementino tutti i suggerimenti proposti: è un dialogo intelligente e costruttivo.

I sensitivity reader, infatti, non propongono una riscrittura del testo, ma offrono semplicemente la propria opinione circa scene o rappresentazioni che potrebbero essere triggeranti o generare fastidio, rabbia o disturbo in specifiche fasce della popolazione.

I casi famosi in cui sono intervenuti

Uno dei campi in cui la professionalità dei sensitivity reader è maggiormente richiesta è quello della letteratura per bambini e ragazzi. Un ambito particolarmente delicato, dove la lettura si staglia alla stregua di un’attività formativa e pedagogica, per cui è essenziale che i contenuti non veicolino messaggi stereotipati, bias di genere, forme di razzismo e abilismo e, in generale, qualsiasi tipo di discriminazione che possa sia plasmare le giovani menti, sia offendere coloro che, leggendo, si ritrovano rappresentati in un modo offensivo e poco inclusivo.

In questo solco si inserisce l’opera di intervento attuata dalla casa editrice Puffin Books e dalla Roald Dahl Story Company, la società che possiede i diritti d’autore sui libri di Dahl e appartiene a Netflix, con la consulenza della Inclusive Minds, specializzata in libri per bambini. A partire dal 2020, infatti, gli scritti di Roald Dahl (autore, tra gli altri, di Matilda, Le streghe e La fabbrica di cioccolato) sono andati incontro a un articolato processo di revisione che, come riportato dal Telegraph, ha tagliato e riscritto “tutto il linguaggio relativo a peso, salute mentale, violenza, genere e razza dei personaggi”.

Ma la letteratura per bambini e young adult non è la sola a fare ricorso agli “editor della diversità”. Come si legge su Il Post, anche Irvine Welsh, autore del celeberrimo Trainspotting, ha richiesto la collaborazione di una persona trans in qualità di sensitivity reader durante la stesura del thriller I lunghi coltelli, dal momento che quest’ultimo parla, in parte, di persone trans, e Welsh, in quanto uomo cisgender, non avrebbe avuto le conoscenze specifiche per trattare il tema con la delicatezza e la precisione che esso richiede. Come ha raccontato lui stesso:

Inizialmente ero ostile a questa pratica, la consideravo una forma di censura. Tuttavia la mia esperienza è stata molto positiva. Il lettore mi è stato di sostegno in quello che stavo cercando di fare; equilibrato, ha meditato su ciò che mi ha detto ed è stato chiarificatore. Il libro è venuto molto meglio di conseguenza.

Un altro caso recente che ha suscitato indignazione è, infine, la pubblicazione del romanzo di Jeanine Cummins Il sale della terra, nel quale l’autrice racconta una storia di emigrazione dal Messico che ha provocato la rabbia della comunità latina per le immagini fortemente stereotipate e falsate ritratte nell’intreccio. Un livore – giustificato – così elevato al punto da condurre la casa editrice ad annullare il tour promozionale.

Il dibattito su cancel culture e censura

Naturalmente, non mancano i detrattori, i quali – inneggiando alla cancel culture – criticano la figura dei sensitivity reader accusando una forma di censura che potrebbe “deturpare” la creatività e la libera espressione degli autori che ne fanno ricorso o a cui essi sono affidati.

In realtà, come abbiamo visto, gli editor specializzati in tematiche particolarmente sensibili non cancellano, riscrivono o modificano nessuna parte del manoscritto, bensì si limitano solo a consigliare accorgimenti e cambiamenti che possano rendere più inclusivo e rispettoso il racconto in esame. Il lavoro, infatti, è soggetto a un dialogo costante con l’autore e il team editoriale, e caratterizza una fase ulteriore del processo di ricerca e approfondimento che accompagna la stesura di un libro.

Secondo altri, invece, il problema è alla base del sistema editoriale. Come precisa la scrittrice e sceneggiatrice Juno Dawson sul Guardian:

C’è un problema più grande che si nasconde sotto la superficie di tutto questo. Non avremmo bisogno di editor esterni se i team delle case editrici fossero più diversificati. Mi è piaciuto lavorare con ognuna di loro, ma tutte le editor che ho avuto, dal 2011 fino ad ora, erano donne bianche cisgender provenienti (immagino) da ambienti agiati. I loro capi, quasi esclusivamente, uomini bianchi cisgender. Perché non dovrei voler un’altra prospettiva sui personaggi che invento?

Ogni passo verso una maggiore inclusività e rappresentazione di tutte le persone che popolano il nostro mondo è un passo in più verso l’affermazione dei diritti civili e il loro rispetto. Anche se si tratta di narrativa.

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