*** Aggiornamento del 14 aprile 2023 ***

Addio ad Anne Perry, pseudonimo letterario di Juliet Marion Hulme, scrittrice di gialli dall’adolescenza turbolenta, di cui vi raccontiamo nell’articolo originale, che segue.

Perry si è spenta a 84 anni in un ospedale di Los Angeles, dopo un ricovero di otto settimane in seguito a un attacco cardiaco che l’aveva colpita a dicembre e che aveva inevitabilmente minato la sua salute.

La scomparsa è avvenuta il 10 aprile, ma solo a distanza di giorni la sua agente, Meg Davis, ne ha dato notizia alla stampa inglese.

*** Articolo originale ***

“Perché non posso essere giudicata per la persona che sono oggi, e non per quella che ero allora?”, ha chiesto Anne Perry al giornalista del Guardian che la stava intervistando qualche anno fa. Il passato, nel suo caso, sembra sempre tornare ad affacciarsi nella sua vita, nonostante oggi sia una scrittrice di successo e non si chiami più Juliet Marion Hulme.

Era il 1954 quando lei, nemmeno sedicenne, aiutava l’amica Pauline Parker a uccidere la madre. Vennero condannate entrambe e Juliet scontò la sua pena, uscendo nel 1959 e ricostruendo completamente la sua vita, andando a vivere in Scozia. Una vicenda che è stata portata due volte sul grande schermo, la prima nel 1971 in E non liberarci dal male e la seconda nel 1994 in Creature del cielo, diretto da Peter Jackson.

Ho dovuto rinunciare al mio passato, la cosa più difficile che si possa immaginare, e iniziare una nuova vita come Anne Perry, sapendo che sarebbe bastato poco per tradirmi.

Nata il 28 ottobre 1938 a Londra, Juliet Marion Hulme era figlia del professor Henry Hulme, medico e rettore dell’Università di Canterbury di Christchurch, in Nuova Zelanda. Era ancora giovane quando le venne diagnosticata la tubercolosi, che la costrinse a passare molto tempo all’estero, in luoghi con clima più caldo. All’età di 13 anni andò a vivere a Christchurch con i genitori e proprio lì conobbe Pauline Parker.

Mentre i suoi genitori si separavano, Juliet si avvicinò sempre più all’amica, sperando di poter andare a vivere con lei in Inghilterra. Non era della stessa opinione la madre di Pauline, Honora Rieper, e fu così che nelle due ragazze maturò l’intenzione di ucciderla.

Tre giorni prima dell’omicidio della donna, il 22 giugno 1954, i genitori di Juliet le annunciarono di essere in procinto di divorziare e le dissero che sarebbe andata a vivere in Africa con una zia. Fu sicuramente uno shock per la giovane: in quel momento l’amica Pauline, l’unica che le fosse sempre rimasta accanto, le chiese aiuto per uccidere la madre e lei non seppe dire di no.

Sentivo di avere un debito da ripagare. Pauline era l’unica che mi avesse scritto quando ero in ospedale e minacciava di uccidersi, se non l’avessi aiutata. Vomitava dopo ogni pasto e stava dimagrendo a vista d’occhio. Ora sono certa che fosse bulimica. Credevo davvero che si sarebbe tolta la vita.

La donna venne uccisa in un parco con un mattone posto all’interno di una calza. La verità venne subito a galla e il caso delle due assassine adolescenti attirò l’attenzione di tutto il mondo. Il 29 agosto 1954 Juliet e Pauline vennero condannate per omicidio, ma essendo appena sedicenni ottennero una pena inferiore a quella prevista: cinque anni di detenzione e il divieto assoluto di incontrarsi di nuovo.

Ancora oggi Anne Perry pensa che gli anni in carcere siano stati la cosa migliore che le sia mai capitata. “Solo in prigione mi sono messa in ginocchio e mi sono pentita”, ha spiegato al Guardian. “Solo così sono riuscita a sopravvivere mentre gli altri andavano in mille pezzi. Sembravo l’unica a pensare di essere colpevole e quindi nel posto giusto”. 

Finita la detenzione, Juliet lasciò la Nuova Zelanda per l’Inghilterra, poi dopo un periodo negli Stati Uniti si trasferì in Scozia, nel paese di Portmahomack, dove vive tuttora con la madre. Nel 1979 diede alle stampe il primo di tanti romanzi di successo, Il boia di Cater Street, scritto con lo pseudonimo di Anne Perry, dal cognome del suo patrigno.

Nel 1994, dopo una chiamata del suo agente, scoprì che un giornalista era risalito alla sua identità e che sarebbe stato girato un film su di lei. Pensava che tutta la sua nuova vita sarebbe crollata come un castello di carta, ma così non accadde. I suoi libri hanno continuato a essere pubblicati e i suoi amici non l’hanno abbandonata. Forse è stato l’unico finale che non avrebbe mai potuto immaginare per la sua storia.

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