"Noi vogliamo tutto": quando i personali diventano politici e discorso collettivo

"Noi vogliamo tutto" è, per essere didascalici, il libro di Flavia Carlini. Nella pratica, a partire da quella di divulgatrice e attivista politica dell'autrice, il "noi" che apre sin dal titolo è promessa e manifesto programmatico, che trasforma il testo in un libro collettivo. 

Credo ci sia un momento preciso, nella vita di ognuno di noi, in cui accade che una luce improvvisamente si accenda permettendoci di vedere chiaramente quel mondo che, fino a poche ore prima, non sapevamo di abitare. Per me è stato il momento in cui mi sono resa conto di aver paura di andare al lavoro ogni mattina, per la mia amica V. il giorno in cui è stata stuprata, per M. il giorno in cui è stata strangolata dal suo fidanzato, per A. la prima volta che è stata inseguita mentre tornava a casa, per B. quando non ha potuto che guardare inerme i maltrattamenti subiti da sua madre, per S. quel venerdì mattina in cui è stato picchiato dalla polizia durante un corteo pacifico, per T. il primo commento omofobo che ha ricevuto, per
G. il giorno in cui ha letto quel libro pieno di dati sul razzismo in Italia.

Da quel giorno, ognuno di noi non è più riuscito a guardare il mondo con gli stessi occhi e non si è più chiesto il “perché” di ciò che accade con fare casuale ma, piuttosto, con la frustrazione che, da quel momento in poi, non ha più smesso di abitarci. Ci siamo chiesti come abbiamo fatto a non capirlo prima, ci siamo chiesti come fare per cambiare le cose, ci siamo a volte rassegnati all’idea che mai potremo cambiare ciò che ci circonda e che, quindi, tanto vale arrenderci. Oppure, in alternativa, piegarci per sopravvivere.
– da “Noi vogliamo tutto” di Flavia Carlini

“Noi vogliamo tutto. Cronache da una società indifferente” è, per essere didascalici, il libro di Flavia Carlini. Nella pratica, a partire da quella di divulgatrice e attivista politica dell’autrice, il “noi” che apre sin dal titolo è promessa e manifesto programmatico, che trasforma il testo in un libro collettivo.

Si parte dal personale dell’autrice che diventa politico, poi torna risacca personale e diventa marea femminista: analisi arrabbiata e militante di una società in cui l’informazione mostra una realtà artefatta e univoca, lontana dalla gente che non racconta ma ingabbia in una narrazione spersonalizzante e deresponsabilizzante; a meno che non si tratti di donne e minoranze. In quel caso, la spersonalizzazione c’è ed è chirurgica: delegittima la femmina e la persona che non è maschio e bianco e cis e borghese e normoabile e, al contrario di questi, è considerata sempre colpevole, al punto da essere colpevolizzata anche quando è vittima.

Scrive Carlini:

I giornali che leggo raccontano storie senza contesto, omettono nomi, colpe, responsabilità. Non è ai cittadini che l’informazione sceglie di dar conto, ma al potere e alle sue voci dominanti. […] Pieno spazio è dato alla tragedia del giorno, all’evento del giorno, al primato del giorno, nessuno spazio è dato al contesto sociale, politico e culturale in cui gli eventi avvengono. Ogni femminicidio è raccontato come totalmente distaccato dalle centinaia che l’hanno preceduto e che lo succederanno. Ogni strage oltreconfine è raccontata come una fatalità e mai come l’ovvio risultato di strategie politiche precise e pattuite. Ogni persona disoccupata è raccontata come il frutto della sua incompetenza e non come la naturale conseguenza di una politica costruita su precarietà e sfruttamento.

In questa de-contestualizzazione istituzionale e mediatica, l’autrice parte dalla sua storia e da altre testimonianze individuali per tentare un’azione quasi di forza: raccontare la collettività, rimettendo al centro la verità, attraverso una rabbia motrice che è insieme rivoluzione, sete di giustizia e unica possibilità di cambiamento.

Torna al centro anche la responsabilità, ma non quella pretesa come pegno iniquo dalle donne o dalle persone oppresse: è responsabilità collettiva, che ci chiama tutte e tutti in causa perché, parafrasando Fabrizio De André, anche se e quando noi ci crediamo assolte e assolti, siamo lo stesso coinvolte e coinvolti.

Attualmente vicepresidente dell’esperimento apartitico dell’Intergruppo Parlamentare per i Diritti Fondamentali della Persona, Flavia Carlini lancia interrogativi come sassi:

Cosa significa abitare un Paese dove i diritti non vengono rispettati?
Cosa significa abitare uno Stato che si racconta come il più civile tra gli altri?
Cosa significa essere una donna oggi?
Che ruolo gioca l’informazione in questo contesto?

Da queste domande che sono sassi, l’autrice tesse un discorso collettivo, che nasce nella solitudine delle case, dove si lavano i panni sporchi in silenzio, finché sopportare non è più un’opzione: allora le parole delle singole soggettività si mettono insieme, serpeggiano nelle strade e nelle piazze in protesta, creano un dialogo collettivo che accende le coscienze. Così, “nell’epoca in cui la parola ‘compromesso’ ha preso il posto della parola ‘libertà'”, si alza il grido: “Noi vogliamo tutto”.

Perché dove c’è indifferenza, la democrazia muore.

Il libro

Noi vogliamo tutto.
Cronache da una società indifferente

di Flavia Carlini
Feltrinelli, 2024

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