Emily Brontë, una vita di lutti e parole

Quinta di sei fratelli, la scrittrice inglese è, tuttora, una delle autrici più importanti e apprezzate della letteratura internazionale. Merito del suo talento magistrale che, traendo ispirazione dagli elementi naturali della brughiera, seppe dipingere scenari – fisici ed emotivi – irrequieti, abissali e attuali.

A 173 anni dalla sua scomparsa, si torna a parlare di lei: Emily Brontë, tra le più celebri scrittrici dell’epoca vittoriana e la più famosa delle tre sorelle Brontë.

L’autrice del tormentato Cime tempestose è, infatti, la protagonista indiscussa dell’asta che Sotheby’s terrà dal 2 al 13 luglio, e che disvelerà il tesoretto da milioni di dollari appartenenti alla Biblioteca Honresfield: la collezione privata di due industriali inglesi dell’Ottocento, William e Alfred Law, di cui non si avevano più notizie dal 1939.

Al suo interno, oltre a rare edizioni di autori iconici della letteratura inglese – da Jane Austen a Walter Scott, –, anche alcuni pezzi preziosissimi e inediti, come il manoscritto contenente 31 poesie di Emily Brontë, commentate a matita dalla sorella Charlotte (stima: tra 1,3 e 1,8 milioni di dollari), e, come riporta Ansa, una prima edizione dell’unico romanzo di Emily – Cime tempestose, appunto –, dotato di copertina di tessuto originale e dono del padre e reverendo Patrick Brontë alla governante di famiglia Martha Brown.

La Brontë Society ha, tuttavia, chiesto un intervento immediato da parte del Governo affinché venga impedita la vendita di tesori “inestimabili”, come si legge sul Guardian, eludendo, così, il rischio di privare nuovamente il pubblico di memorie di tale straordinarietà. La collocazione migliore, infatti, sarebbe la sala di un museo o di una biblioteca, e non il caveau di un privato o di una banca.

In attesa che la situazione venga chiarita, però, il ritorno in auge di Emily Brontë ci offre l’occasione per riflettere su una delle figure maggiormente significative della letteratura internazionale, ripercorrendone esistenza, opere e dettagli degni di nota. Perché, asta o meno, il passaggio sulla Terra di Emily Brontë non può passare inosservato, e merita di essere celebrato e ricordato.

Chi era Emily Brontë

Sorelle Bronte
Fonte: Vitamine Vaganti

Emily Brontë, quinta di sei figli, nacque nello Yorkshire, a Thornton, il 30 luglio 1818, da Maria Branwell e dal reverendo Patrick Brontë. Il vero cognome del padre, in realtà, pare fosse Brunty (o Brandy, Prunty o O’Prantee), ma questi decise di cambiarlo in Brontë in onore dell’ammiraglio Horatio Nelson, designato Duca di Bronte (cittadina siciliana) dal Re Ferdinando di Borbone.

Quando fu nominato curato perpetuo, la famiglia si trasferì a Haworth, ma ben presto la sofferenza travolse i suoi membri: la madre Maria Branwell morì nel 1821, perciò i sei bambini furono affidati alla tutela della governante Tabitha “Tabby” Aykroyd e della zia Elizabeth Branwell.

I dispiaceri, tuttavia, non finirono qui. La prima e secondogenita, Maria ed Elizabeth, infatti, si ammalarono di tubercolosi: malattia che portò entrambe le sorelle alla morte prematura, e a distanza di pochi mesi, nel 1825. Al contempo, un’epidemia di tifo colpì Charlotte ed Emily, le quali riuscirono a sopravvivere, ma con evidenti e imperituri effetti sulla propria salute.

Come ricorda l’esperta di letteratura inglese Paola Tonussi su Rai Cultura:

Emily rimase colpita soprattutto dalla scomparsa di Maria, che si prendeva cura dei fratelli più piccoli, leggeva loro storie e riassumeva gli articoli di giornale discussi con il padre.

L’unica via di fuga a un’esistenza plasmata da lutti e dolori era, dunque, la fantasia. Fin dalla più tenera età, i quattro fratelli rimasti, ossia Charlotte, Branwell, Emily e Anne, si dilettarono con la creazione di racconti e, come si legge sull’Enciclopedia delle donne, si cimentarono nella creazione di veri e propri cicli narrativi, come l’opera in prosa Angria, redatta dai primi due, e la raccolta di poesie Gondal, a cura delle seconde.

Come dichiara sempre Tonussi:

[Emily e i fratelli sono stati] il quartetto più celebre della letteratura mondiale, perché rappresentano un caso senza eguali di quattro fratelli tutti poeti, scrittori, disegnatori eccezionali e musicisti (con l’eccezione di Charlotte, che era troppo miope per seguire le note dello spartito), così come il padre Patrick, curato del villaggio, anch’esso poeta e scrittore, irlandese dall’immaginazione di fuoco, meraviglioso narratore di terrificanti storie celtiche e insegnante bravissimo anche per i figli.

Il clima culturale che si respirava in casa Brontë fu, dunque, molto prolifico e stimolò il talento precoce di Emily e dei suoi fratelli. In particolare, il ciclo di Gondal porrà le basi per la futura produzione della stessa Emily: Gondal è un’isola immaginaria al largo del Pacifico popolata da personaggi in perenne disaccordo e contrasto, in cui, tra intrighi politici, storie d’amore complesse e vendette, risaltano, in particolare, le figure femminili, antesignane della più famosa Catherine.

Emily non smise mai di lavorare a Gondal e, anzi, proprio in essa è racchiusa la maggior parte delle circa 200 poesie che sono giunte fino a noi – sebbene il ciclo sia andato perduto.

La scrittrice si dedicò per tutta la vita alla stesura di poesie, anche nelle sue brevi assenze da casa: la prima ad Halifax, nel 1838, dove lavorò come insegnante, e la seconda a Bruxelles, nel 1842, in cui si recò insieme a Charlotte per perfezionare le lingue.

Il richiamo di Haworth, tuttavia, era troppo forte, perciò Emily decise di tornare nella dimora paterna e di non lasciarla mai più, dedicandosi alla pulizia degli spazi domestici e alla produzione poetica. Con una particolarità: l’autrice, infatti, desiderava tenere segreti e solo per sé i suoi versi, senza aspirare a divulgarli.

Fu la sorella Charlotte che, dopo aver trovato un suo quaderno di poesie nel 1845, la convinse a pubblicare una raccolta che contenesse le opere di tutte e tre le sorelle, tale fu la sorpresa che la travolse alla lettura dei suoi componimenti. Emily accettò, ma a una condizione: la loro identità non sarebbe mai dovuta essere stata svelata.

Nel 1846, quindi, venne dato alle stampe Poems by Currer, Ellis and Acton Bell (pseudonimi scaturiti dalle iniziali dei loro nomi). Le copie vendute furono solo due, ma Emily ottenne numerosi elogi dalla critica. Approfittando, poi, del successo ingente incontrato dal romanzo Jane Eyre di Charlotte aka Currer Bell, l’editore Newby accettò di pubblicare, nel 1847, anche i volumi di Emily (Ellis) e Anne (Acton), ossia Cime tempestose e Agnes Grey. E così ebbe inizio il mito.

Cime tempestose: alle origini del capolavoro

Emily Bronte
Fonte: Elle

L’estro creativo di Emily Brontë fu profondamente influenzato dalle persone che la circondarono. Non solo nel suo romanzo, ma anche nelle opere dei fratelli, è, infatti, la norma incontrare storie di individui che sono, o diventano, orfani.

Una personalità che plasmò notevolmente l’immaginazione di Emily fu, però, anche quella della domestica “Tabby”, che, come ricorda Tonussi,

fece per lei qualcosa di straordinario: le raccontava storie e leggende locali, le insegnava il dialetto, le faceva conoscere usi e costumi del popolo che Emily non frequentava: faceva, insomma, entrare in casa la vita della brughiera, passata e presente. E, soprattutto, le insegnava che la parola, il racconto, possono essere più veri del contingente e del quotidiano.

È questo il terreno fertile che, tra l’ottobre del 1845 e il giugno del 1846, condurrà Emily a comporre Wuthering Heights (Cime tempestose), tra i capolavori, nonché classici, della letteratura internazionale e tutt’oggi ampiamente apprezzato per la struttura innovativa, che si muove tra lirica e prosa, e la potenza evocativa di personaggi e ambientazioni.

Il titolo riprende, infatti, quelle “cime tempestose” della brughiera vasta e selvatica in cui crebbe l’autrice stessa – e che mai abbandonerà –, e dalle quali trasse perpetua ispirazione.

Cime tempestose non ha precedenti né seguito – precisa Tonussi –, perché il romanzo è Emily: è il suo cuore, i suoi occhi, la brughiera, amata al punto da rendere la scrittura inscindibile da quella terra, quel vento e quell’erica. Emily Brontë non descrive, ma fa parlare il vento, fa sussurrare la terra, smuove l’erica sulla landa, il che spiega anche perché, da un certo punto in avanti, lei non voglia più muoversi da Haworth, perché solo lì lei può vivere e scrivere.

La narrazione di Emily Brontë è, appunto, una sorta di microcosmo, violento e appassionato, che, sconfinando spesso nel romanzo gotico, indaga la storia d’amore tormentata e coinvolgente tra Cathy e Heathcliff, impetuosa e selvaggia come le tempeste della landa e, tuttavia, imperitura, anche di fronte alla morte dei due protagonisti.

Sebbene in Cime tempestose si percepiscano gli echi delle atmosfere di Mary e Percy Shelley e Lord Byron, oltre a quelle di Novalis, Goethe e Shakespeare, però, il racconto non fu immediatamente compreso dai critici, alcuni dei quali lo reputarono addirittura volgare, vedendo, in Heathcliff, un «demone dalle sembianze umane».

E forse è proprio per questo motivo che il romanzo di Emily Brontë continua a esercitare il suo fascino sui lettori odierni dopo oltre un secolo e mezzo dalla sua pubblicazione (nel 1847, un anno prima della sua morte). Merito della capacità narrativa di una scrittrice che, mediante il solo utilizzo delle parole e degli immaginari a esse correlati, seppe trascendere la realtà pur rimanendo, a questa, fedele, risultando in grado di dipingere, con schiettezza e bravura, scenari – fisici ed emotivi – irrequieti, magnetici e oscuri. Tra l’abisso e il sublime.

1. "Cime tempestose"

Cime tempestose

Cime tempestose

Considerato uno dei capolavori della letteratura mondiale, è un romanzo brutale che mette al centro la vendetta portata avanti con fredda meticolosità dal disumano Heathcliff, che si strugge d'amore per Catherine, tanto da essere perseguitato dal suo fantasma dopo la sua morte.
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