Si deve anche a lei se il celebre poeta turco Nâzim Hikmet riuscì a perseguire il suo obiettivo:

Essere capito e letto dal maggior numero possibile di persone.

La “lei” in questione è Joyce Salvadori Lussu, una personalità prismatica che ha racchiuso in sé i ruoli di poetessa, antifascista, partigiana, traduttrice, attivista, storica, moglie e madre. E che, in uno dei suoi numerosi viaggi in Europa mossi dalla lotta contro l’imperialismo, ha concesso alla poetica di Hikmet di fare il suo ingresso ufficiale in Italia.

Lussu non conosceva il turco, ma fu in grado di tradurre i versi del grande poeta servendosi meramente del suo intuito, convinta che per giungere a quell’«essenziale invisibile agli occhi» – tanto caro a un altro grande scrittore, Antoine de Saint-Exupéry – fosse necessario farsi guidare da una visione del mondo comune, una sorta di affinità morale impreziosita da un ampio uso di gesti e dialoghi in un francese precario.

Una visione che era diretta conseguenza di un’instancabile fiducia nell’essere umano e nelle sue qualità di donna, compagna di Joyce Salvadori Lussu in ogni fase della sua vita, dall’adolescenza in esilio e le successive battaglie politiche fino agli ultimi anni segnati dall’amore per la diversità dei popoli e il femminismo.

E che, ancora oggi, è foriera di una determinazione che dovrebbe acuire la consapevolezza di tutte noi. Come scrisse, infatti, in uno dei suoi saggi più famosi, intitolato Padre, padrone, padreterno. Breve storia di schiave e matrone, villane e castellane, streghe e mercantesse, proletarie e padrone:

Che cosa c’è da invidiare agli uomini? Tutto quello che fanno, lo posso fare anche io. E in più, so fare anche un figlio.

Padre Padrone Padreterno

Padre Padrone Padreterno

Uno dei saggi più famosi di Joyce Salvadori Lussu, in cui la scrittrice delinea la storia delle donne, dall'epoca romana al Novecento. Il sottotitolo è emblematico: "Breve storia di schiave e matrone, villane e castellane, streghe e mercantesse, proletarie e padrone".
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Chi era Joyce Salvadori Lussu

Joyce Salvadori Lussu
Fonte: Left

La passione per la lotta scorse nelle vene di Joyce Salvadori Lussu fin dagli albori della sua esistenza. Registrata all’anagrafe come Gioconda Beatrice Salvadori Paleotti, la scrittrice e poetessa nacque a Firenze l’8 maggio 1912 dal marchigiano Guglielmo Salvadori, conte, filosofo e docente universitario, e Giacinta Galletti de Cadhilac, discendente di generali garibaldini e figlia della nobile inglese Margaret Collier – di qui, il soprannome “familiare” Joyce, che Gioconda assunse, poi, come nome proprio.

Cresciuta in una famiglia liberale e antifascista, la cui casa era «abitata più dai libri che dai mobili» ed era culla di un vivace fermento culturale, Joyce Salvadori Lussu conobbe presto, però, i malumori della politica. Dopo che il padre e il fratello Max furono aggrediti da alcuni squadristi a causa della loro aperta opposizione a Mussolini, infatti, la famiglia Salvadori fu costretta a riparare in Svizzera nel 1924.

Qui, Joyce e Max iniziarono a frequentare la Fellowship School, una scuola improntata ai valori del pacifismo e della fratellanza tra popolazioni diverse, ma poiché convinto che il soggiorno in Svizzera fosse solo momentaneo, il padre costrinse i figli a studiare da privatisti e a conseguire il diploma mediante esami da esterni svolti in Italia.

Perfettamente bilingue, Joyce perfezionò, così, la conoscenza della lingua francese e tedesca e, una volta trasferitasi in Germania, si iscrisse alla Facoltà di Filosofia di Heidelberg, dove seguì le lezioni di uno dei massimi esponenti dell’esistenzialismo, Karl Jaspers. Proprio in ambito accademico, Joyce Salvadori Lussu cominciò a percepire le prime infiltrazioni del nazismo, e, a causa dell’atteggiamento quasi irrisorio di alcuni insegnanti, decise di abbandonare gli studi e tornare in Svizzera. Li completò, poi, qualche anno più tardi, laureandosi in Lettere a Parigi e in Filologia a Lisbona (per ulteriori dettagli, si consiglia la biografia di Silvia Ballestra Joyce L. Una vita contro. Diciannove conversazioni incise su nastro).

Joyce L. Una vita contro

Joyce L. Una vita contro

La biografia della poetessa e partigiana, redatta da Silvia Ballestra e frutto delle loro conversazioni registrate nel 1996. I dialoghi sono diciannove e ripercorrono tutta l'esistenza di Joyce Salvadori Lussu, narrata direttamente dalla sua protagonista.
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L’impegno politico e il matrimonio con Emilio Lussu

Di nuovo insieme alla sua famiglia, Joyce incontrò per la prima volta a Ginevra, nel 1934, Emilio Lussu, tra gli eroi della Prima Guerra Mondiale. L’amore fu subitaneo, ma impossibile: Lussu era, infatti, nelle mire dell’OVRA (Opera Volontaria di Repressione Antifascista).

Poco tempo dopo, Joyce sposò un ricco possidente fascista di Tolentino, Aldo Belluigi, e con lui si recò in Kenya per raggiungere il fratello Max, che qui aveva avviato una fattoria insieme alla moglie inglese Joyce Pawle. L’attività e il matrimonio si riveleranno ben presto fallimentari, perciò Joyce Salvadori Lussu si trasferì nel poco distante Tanganica e, per la prima volta, venne a stretto contatto con le atroci realtà del colonialismo. Risalgono, appunto, a questi anni le Liriche, i primi versi redatti nel 1939 e largamente apprezzati da Benedetto Croce, che ne seguì la curatela.

Concluso il periodo africano, Joyce decise di rientrare in Europa e abbracciare, sempre insieme al fratello Massimo, gli ideali del movimento Giustizia e Libertà fondato dallo stesso Emilio Lussu. Che, nel 1938, si ripresentò sul suo cammino e, questa volta, cedette al sentimento d’amore, il quale si concretizzò, poco dopo, in un matrimonio interrotto solo dalla loro morte.

Con l’invasione di Parigi del 1940, i due coniugi scapparono a Marsiglia e da qui iniziarono a organizzare le partenze clandestine per gli Stati Uniti. Joyce imparerà a falsificare i documenti d’identità, mentre il marito si occuperà della logistica.

Dopo alcuni mesi in Portogallo, la coppia fu, in seguito, convocata dal War Office inglese nel tentativo di attuare un piano insurrezionale volto a liberare l’Italia dall’alleanza nazi-fascista. Joyce colse l’occasione per affinare le proprie capacità, e frequentò un campo di addestramento a pochi chilometri da Londra dove, come ricorda Elle, ebbe modo di imparare a utilizzare armi e tattiche di guerriglia.

La sua perspicacia trovò subito terreno fertile una volta rientrati in Francia, dove, fermata dalla Gestapo per aver aiutato due antifascisti a valicare il confine svizzero, riuscì a eluderne le conseguenze grazie alla sua conoscenza fluente del tedesco.

Il suo Paese, l’Italia, necessitava però di essere salvato dalla dittatura. Con l’armistizio dell’8 settembre 1943, dunque, Joyce prese parte alla lotta partigiana e, con il nome di Simonetta, servì il Comitato di Liberazione Nazionale attraverso una missione di collegamento con il Sud finalizzata a comunicare con gli Alleati. Per il coraggio e la prontezza dimostrati, Joyce Salvadori Lussu fu insignita, nel dopoguerra, di una medaglia d’argento al valore militare. Di seguito, la lettura di una delle sue poesie più famose dedicate all’Olocausto e intitolata C’è un paio di scarpette rosse

Poco dopo, nel 1944, Joyce divenne madre di Giovanni, l’altro grande amore della sua vita. E, per la prima volta, come racconta nell’autobiografia Portrait:

Mi trovavo di fronte a una realtà imprevista e sconvolgente, che buttava all’aria tutte le mie sicurezze faticosamente costruite.

Portrait

Portrait

In questo volume, Joyce Salvadori Lussu ricorda tutte le tappe della sua lunga vita, e le racconta in modo ironico e disinvolto: dagli anni universitari alla clandestinità, fino alle lotte femministe del '68 e a quelle ambientaliste.
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Storia locale e lotte femministe

Le avventure di Joyce Salvadori Lussu, naturalmente, non finirono qui. Nel 1946 partecipò attivamente alla vita politica divenendo capolista del Partito d’Azione a Porto San Giorgio, di cui sarà membro fino al suo scioglimento, nell’anno successivo. Nel 1948 fece, inoltre, parte del Partito Socialista Italiano, mentre nel 1953 contribuì alla fondazione dell’Unione Donne Italiane, per poi affrancarsene quasi subito. Joyce accusò, infatti, l’Unione di fungere da “serbatoio elettorale subalterno”, e di non garantire, quindi, una reale partecipazione e integrazione delle donne alla battaglia politica.

Ecco emergere, così, i primi vagiti della lotta femminista, coltivata, negli stessi anni, anche nel piccolo villaggio natio di Emilio Lussu, Armungia. In terra sarda, Joyce Salvadori Lussu iniziò a girare da sola a cavallo per parlare e ascoltare le narrazioni della popolazione locale, appassionandosi alle storie dei contadini, dei pastori e, soprattutto, delle donne. Testimonianze raccolte, nel 1982, nel volume L’olivastro e l’innesto, costituito da una serie di racconti dedicati all’esperienza insulare.

L'olivastro e l'innesto

L'olivastro e l'innesto

Il reportage del suo soggiorno ad Armungia, il villaggio in cui nacque il marito Emilio Lussu e dove Joyce ebbe modo di conoscere la storia locale. Con un'attenzione particolare a quella delle donne, qui tratteggiate in una serie di racconti autentici e immersivi.
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Sempre in questi anni, Joyce cominciò anche a viaggiare per l’Europa per il Movimento mondiale per la Pace e a tradurre i versi di poeti “erranti e anonimi”. Non solo Nâzim Hikmet (grazie al quale conobbe la questione curda e al quale dedicò un libro, Il turco in Italia), dunque, ma anche Agostinho Neto, Josè Craveirinha, Alexander O’Neill, Ho Chi Mihn e molti altri, cui era legata dallo stesso amore per i popoli e dalla medesima affinità intellettuale.

Curiosa e appassionata, Joyce si avvicinò poi, nel 1968, al movimento femminista, sempre sospinta dai valori della Resistenza – in ogni sua declinazione – e della salvaguardia dei diritti civili. Non risparmiando critiche al femminismo degli anni ‘70, la scrittrice si impegnò a spostare l’attenzione del dibattito dal corpo alla sfera pubblica, dichiarando fosse opportuno ripercorrere le battaglie delle donne e le loro vicende, spesso escluse dal racconto storiografico. Scrisse, perciò, L’uomo che voleva nascere donna. Diario femminista a proposito della guerra, e, nel 1976, il già citato Padre, padrone, padreterno.

Il turco in Italia

Il turco in Italia

Nei suoi viaggi per il Movimento mondiale per la Pace, Joyce Salvadori Lussu ebbe la possibilità di conoscere il poeta turco Nazim Hikmet, con cui si instaurò ben presto non solo un rapporto professionale, ma anche, e soprattutto, d'amicizia. Grazie alla traduzione dei suoi versi, Lussu rese Hikmet noto anche in Italia.
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In seguito alla morte di Lussu, Joyce abbandonò Roma alla volta del paesino marchigiano di San Tommaso, dove, tuttavia, continuò a coltivare il suo impegno civile trattando di storia locale, della questione agraria, delle tradizioni popolari e, ancora, delle donne, con una grande attenzione riservata alla Sibilla e al suo ruolo comunitario (tra i titoli di questo periodo, Le inglesi in Italia, Storia del Fermano e Il libro delle streghe). Di qui, anche l’attività nelle scuole, per diffondere il sapere politico e femminile tra le nuove generazioni (il “futuro vivente”).

Joyce Salvadori Lussu si spense a Roma il 4 novembre 1998. Tra le dita, una sigaretta postale e, nel cuore, la ribellione di una vita vissuta sempre “contro”: le convenzioni, le aspettative e i ruoli imposti.

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