"Cosa significa essere una casa editrice femminista": intervista a Laura Donnini

Qual è la responsabilità di chi fa cultura nel creare una cultura femminista? Perché il femminismo riguarda tutti, uomini compresi? Esiste una responsabilità delle donne che ce l'hanno fatta nei confronti delle altre? Ne abbiamo parlato con Laura Donnini, AD e Publisher di HarperCollins Italia.

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Spesso si confonde il femminismo con il successo di una singola donna che, come un’eccezione, riesce a sfondare il soffitto di cristallo e accaparrarsi uno dei ruoli e dei posti in genere riservati agli uomini.

Non conta quale sia stato il percorso di quella donna.
Né quale sia il suo approccio alla questione di genere e se e come lei voglia spendersi per supportare altre donne.
Scambiare questi singoli casi come un’erosione all’ingiustizia del gender gap è però non solo rischioso, ma addirittura controproducente.

Se ne parlava recentemente con Jennifer Guerra, ma per essere concreti ognuno di noi potrebbe pensare alle volte che un uomo, ma non solo – sia esso politico, ad d’azienda, con un ruolo apicale in aziende e istituzioni, o semplicemente a noi vicino – ha cercato di sminuire il problema della discriminazione di genere (e in genere della diversity) indicando singole eccezioni femminili, che suonano un po’ come il contentino o, peggio, un modo per delegittimare la pretesa femminile a uno stato di diritto davvero equo.

Pretesa oltretutto necessaria e produttiva non solo per le donne, visto che secondo un calcolo del Fondo Monetario Internazionale, in alcuni Paesi la parità di genere aumenterebbe il PIL del 35%.

Dall’essere stata fortunata ritengo di dover restituire qualcosa e aiutare le giovani generazioni, ma anche i colleghi uomini al vertice di aziende, a modificare proprio la cultura interna delle aziende.

Il fulcro di questa intervista con Laura Donnini, AD e Publisher di HarperCollins Italia, sta invece proprio in questa consapevolezza, e nella responsabilità che ne consegue, di essere una donna in una situazione che, se in contesti internazionali può essere considerata normale, in Italia ancora non lo è.

Se c’è un caposaldo che ha percorso i tanti momenti storici del femminismo – fino a quello attuale, definito di quarta ondata – e le diverse filosofie di pensiero ramificate in esso è forse proprio questo: la necessità di passare dall’io al noi, dal diritto alla realizzazione e alla parità della singola donna a quello di tutte le donne. Nessuna esclusa. E, di conseguenza, della responsabilità di quelle che ce l’hanno fatta nei confronti delle altre donne e della questione di genere.

Per andare verso questa necessità morale, etica e sociale di dare una voce corale alle donne e di supportarne le individualità all’interno di una forma di collettività coesa, in grado di farsi sentire, del resto, HarperCollins Italia ha pubblicato nel 2017 un libro che di questa visione è una sorta di pamphlet:
WE. Un manifesto per tutte le donne del mondo.

We, noi: non la singola donna, ma le donne.

Da quel momento in poi HarperCollins Italia ha segnato un nuovo ciclo, lasciando un’impronta riconoscibile nell’editoria italiana che, negli ultimi anni, ha finalmente dato sempre più voce alle donne e alle questioni che riguardando il femminismo.

Le due cose – i libri scritti da donne e quelli sul femminismo – sia chiaro, nonostante i pregiudizi che permangono sul tema, non riguardano le sole donne.

La necessità è quella di un cambio culturale, come si diceva sopra, necessario e utile a tutti, su cui si fonda buona parte del problema educativo, sociale e, non ultimo, economico della nostra società.

Se servisse porre esempi che trascendano l’aspetto socio-culturale – senza tornare per forza a parlare, mai abbastanza, di femminicidi -, potremmo attenerci alla politica recente e alla gestione della crisi e conseguente strategia di uscita post Covid19, di cui parla la stessa Donnini:

Dobbiamo tenere serrati i ranghi e farci sentire, perché in effetti la voce delle donne è sparita.
L’80% dei membri delle task force sono uomini, quindi rischiamo di fare un passo avanti e dieci indietro.

Non è così che si cambia il mondo che di essere cambiato, ormai è chiaro a tutti, ne ha bisogno.

Di seguito, i libri citati nel corso dell’intervista:

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