"Perché Piccole Donne è per me il libro peggiore di tutti"

Complice la prossima uscita dell'adattamento cinematografico della regista Greta Gerwig, nel cui film sarà presente anche una femminista illustre come Emma Watson, in molti si stanno cimentando in una sorta di "revisionismo femminista" dell'opera di Louisa May Alcott, che sicuramente fu per certi aspetti innovativa e precorritrice. Ma quanto rischia di fare male a tante Piccole Donne dare una lettura emancipata di questo romanzo? Cosa stiamo dicendo alle bambine che, come è successo a tutte noi, si sono innamorate della ribella e volitiva Jo March?

“- Nonostante i capelli corti non trovo più il ‘ragazzo’ che ho lasciato un anno fa – disse il signor March. – Vedo una signorina che si mette il colletto diritto, si allaccia bene le scarpe, non fischietta, non usa espressioni bizzarre, non si sdraia sul tappeto come faceva una volta.

È pallida e magra per le veglie e le preoccupazioni, ma mi piace guardarla, perché ha un’espressione più tenera e perché la sua voce è più dolce. Non salta più, ma si muove con misura ed è così materna con la sorella minore che ne sono incantato. Ho nostalgia della ragazza impetuosa, ma sarò felice di trovare al suo posto una donna dolce, caritatevole e generosa.

Non so se sia la tosatura che ha domato la nostra pecora nera, ma so che in tutta Washington non ho trovato una cosa che valesse i venticinque dollari che la mia ragazza mi ha mandato.
Per un attimo gli occhi di Jo si velarono di lacrime e il suo volto smagrito arrossì; sentiva di meritare solo una piccola parte delle lodi del padre”.

In queste righe c’è, in sostanza, il motivo per cui Piccole Donne di Louisa May Alcott è stato ed è per me il libro peggiore di tutti.
In queste righe si compie l’addomesticamento di Jo, la ribelle delle sorelle March, che fin qui (e siamo verso la fine) non aveva fatto solo sognare la bambina di 9 anni che ero, ma le aveva detto che era possibile essere una ragazza coraggiosa, volitiva e di valore, senza per questo essere sbagliata o da rimettere al suo posto.

E invece eccola qui, la mia Jo, rimessa al suo posto dal padre che torna dalla guerra; eccola qui, la “signorina” Jo, che addirittura abbassa i suoi occhi, un tempo fieri, e sente di non meritare tanto.
Non le chiede scusa per aver pensato che il suo essere libera fosse qualcosa da cambiare, il padre; non le dice che è grazie alla sua diversità che ha fatto quello che ha fatto; no. Le dice esattamente le parole che secoli di educazione patriarcale hanno detto alle donne.

C’è proprio tutto: quello che una signorina per bene non fa e soprattutto quello che fa, che è essere materna e immolare se stessa all’accudimento di qualcun altro; è non alzare la voce e sorridere remissiva; è stare al suo posto di donna.

La mia Jo, cosa le hanno fatto! Le hanno fatto quello che hanno fatto o cercano ogni giorno di fare a tutte noi. Ecco il carattere indomito, che aveva affascinato la sua stessa creatrice e milioni di lettrici e lettori, cedere alla morale di un libro di formazione per educande. Ché essere “ragazze impetuose” fa parte al massimo del folclore giovanile ed è qualcosa cui guardare con nostalgia e indulgenza, come fa il signor March, solo quando il leone è addomesticato e allora si può fantasticare sull’istinto primordiale che da qualche parte forse ancora alberga in quell’animale un tempo altero.

La mia Jo, domata dalla vita in Piccole Donne, lo sarà ancora di più in Piccole Donne Crescono, che la mini me 9enne lesse testarda, certa che fosse stato scritto un altro finale per quella donna dal potenziale infinito e spezzato come se questo fosse un bene.

Contestualizza, mi dico, mentre leggo intellettuali e persone che stimo scrivere di questo libro come di un testo rivoluzionario e quasi femminista; complice la prossima uscita del film con Emma Watson.
E allora provo a contestualizzare, ma penso a Mary Shelley e Jane Austen, e non riesco a non essere d’accordo con la stessa Alcott quando disse “Questo lavoro non mi piace per niente”.

Ma si sa che l’amore più è profondo più viene ferito quando è tradito. E alla fine la piccola Ilaria, che mi coccolo rileggendo questo libro, spera ancora in un guizzo negli occhi di Saoirse Úna Ronan (che sul grande schermo sarà Jo March nell’adattamento della regista Greta Gerwig), a dirle che la sua Jo ce l’ha fatta, che possiamo e dobbiamo essere donne libere, esprimerci e fare quello che vogliamo e per cui sentiamo di essere nate, senza chiedere permesso o scusa, senza essere per questo sbagliate o da rimettere al nostro posto.

Piccole donne
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