Il mondo delle fiabe è un mondo a parte. Perché sono nate in un modo e spesso sono giunte a noi in un altro. Pensiamo, ad esempio a Cenerentola, che noi tutte immaginiamo bionda e con il vestito celeste come appare nel film Disney. Nell’originale era una storia parecchio macabra: le sorellastre, pur di calzare la scarpina di cristallo, si auto mutilavano una il tallone e l’altra le dita del piede. Biancaneve non fa differenza. Come racconta SoloLibri, Biancaneve non è la storia romantica che tutti conosciamo oggi, ma una fiaba ben più truculenta, forse ispirata addirittura a una storia vera.

Biancaneve, da dove viene l’originale

Biancaneve
Fonte: Franz Juttner

Biancaneve nasce da una somma di leggende provenienti da diversi Paesi d’Europa, come Serbia, Russia e Germania, dove forse i fratelli Grimm l’avranno conosciuta e pubblicata nel 1812. Nella storia originale, Biancaneve ha 7 anni e la madre, non la matrigna, vuole ucciderla per mangiarne alcuni organi. Viene avvelenata e finisce in una bara di vetro, dove un principe si innamora del suo cadavere. I servi, stanchi della situazione, la svegliano strattonandola. Una fiaba davvero insolita per il nostro modo moderno di intenderle, fatta di cannibalismo e necrofilia.

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Chi si pensa fosse Biancaneve?

Ci sono fondamentalmente due scuole di pensiero che legano Biancaneve a due figure femminili realmente esistite. La prima è una contessa tedesca, Margaretha von Waldeck, classe 1553, che a 16 anni si innamorò di quello che sarebbe diventato Filippo II, mentre era in esilio, dove l’aveva mandata la matrigna. Ma non poté sposare il sovrano ispanico – ah, la ragion di stato – e fu avvelenata quando ebbe 21 anni. L’altra ragazza si chiamava invece Maria Sophia Margaretha Catherina von Erthal ed era nata nel 1725. La matrigna la odiava e lei fu costretta a fuggire nei boschi, dove si rifugiò in una sorta di comunità di nani minatori, morendo molto giovane di vaiolo.

In entrambe le storie, ci sono però dei nani minatori, che lavoravano per lo più in miniere di rame e non di diamanti. Anche la bara di vetro potrebbe essere un retaggio legato all’artigianato del vetro molto fiorente, così come il veleno potrebbe essere la belladonna. Quale che sia il personaggio che ha ispirato Biancaneve, è sicuramente un simbolo dei tempi che – per fortuna – cambiano. E, sebbene ci piaccia sapere come tutto sia iniziato, preferiamo di gran lunga la versione moderna della fiaba, che ha dato vita al film della Disney.

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Barbablù, Winnie the Pooh e gli altri miti dell’infanzia

Biancaneve
Fonte: Gustave Doré

Da “Il gatto con gli stivali” a le “Mille e una notte”, moltissime storie si fondano sulla realtà o costituiscono la reazione a una vicenda autobiografica dell’autore. Per esempio, per lungo tempo si è cercato di trovare una corrispondenza tra il Barbablù tramandato da Charles Perrault e la reale corrispondenza storica. Tra i tanti volti attribuiti al grottesco personaggio c’è quello di Enrico VIII, il re inglese noto anche e soprattutto per il modo in cui trattava (e tagliava la testa) le mogli.

Di recente, SoloLibri ha parlato anche di ciò che ha ispirato A.A. Milne nella stesura delle storie di Winnie the Pooh. Pare che l’autore fosse reduce dalla guerra e quindi sotto quello che oggi chiameremmo disturbo post traumatico da stress. Christopher Robin era il nome di suo figlio, con cui visse un rapporto piuttosto travagliato, e che a scuola era oggetto di bullismo proprio per via del lavoro del padre. L’ombra del padre si staglia invece sulle vicende di Pamela L. Travers, autrice della saga di Mary Poppins, che alcuni pensano sia d’origine autobiografica. Tanto che al legame affettivo con il padre alcolizzato è dedicato un film dal titolo “Saving Mr. Banks”, una sorta di biopic che tuttavia contiene anche elementi fantasiosi, per cui chi può dirlo?

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