Alice Urciuolo: "Il femminicidio di una donna riguarda tutta la comunità" - INTERVISTA

La sceneggiatrice della serie di successo “Skam Italia” Alice Urciuolo debutta nella narrativa con un romanzo corale e intenso, che prende le mosse dal femminicidio di una giovane donna dell’Agro Pontino. Il volume è tra i dodici finalisti del Premio Strega 2021.

Non si è mai pronti per il dolore. Anche quando questo è annunciato, centellinato, presagito. Anche quando offre premonizioni così evidenti di sé da indurre il dubbio di ciò che si pone di fronte ai nostri occhi, tanto accecati da una verità così lampante da non trovare il coraggio di affrontarla e osservarla, prima che sfugga e sciolga i propri contorni.

Adorazione

Adorazione

Un gruppo di amici adolescenti cresce tra amori ed esperienze nuove, nel ricordo di Elena, uccisa dal fidanzato e simbolo di una mentalità di paese ancora intrappolata in retaggi patriarcali.
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Non si è mai pronti per il dolore, e non lo erano nemmeno Diana, Vera, Vanessa, Giorgio, Christian e Gianmarco, gli adolescenti protagonisti di Adorazione, l’esordio letterario della sceneggiatrice Alice Urciuolo da poco pubblicato per 66thand2nd – e nella dozzina del Premio Strega 2021. Il romanzo, ambientato nella realtà di provincia di Pontinia – centro di fondazione fascista nell’Agro Pontino –, prende l’abbrivio dai primi giorni dell’estate successiva all’uccisione di Elena da parte del suo fidanzato, Enrico.

Giorgio aveva pensato che Enrico era un insicuro, un insicuro troppo geloso, ma non avrebbe mai immaginato che potesse essere un vero pericolo. Fissò il posto vuoto di Christian e ancora una volta gli venne da pensare che, se lui non l’avesse tradita scopandosi un’altra in campeggio, forse Elena non si sarebbe messa con Enrico e sarebbe ancora qui.

Un atto che ha un nome preciso, femminicidio, ma che per tutto il corso della narrazione non viene mai platealmente nominato, bensì solo sfiorato, mediante i flashback, i ricordi e le colpevolizzazioni di chi, di volta in volta, riporta alla propria memoria gli eventi precedenti a quel tragico epilogo.

Ma come si può elaborare un lutto di tale natura, se non si posseggono gli strumenti per comprenderlo? I personaggi del romanzo sono, infatti, tenuti a margine di quanto accaduto dai «grandi»: genitori distratti o insensibili, irretiti a tal punto dalle convenzioni e dai giudizi altrui da risultare spesso incapaci di rapportarsi ai propri figli con la maturità e la delicatezza idonee a un episodio di tale portata.

E proprio l’intrico di questa sofferenza offre l’occasione di evolvere, conoscersi e affrancarsi dal sistema di idee e valori che soffoca e imprigiona, dando espressione allo scrigno interiore di sentimenti e consapevolezze che caratterizza ciascun adolescente coinvolto.

A partire da Diana, 16enne timida, schiva e appassionata di Medicina, con le idee chiare sul proprio futuro, ma un po’ meno su se stessa. Insicura a causa di una grande voglia che le copre una gamba – a volte «schifosa», altre «bellissima», in base alla prospettiva di chi la scorge –, Diana eliminerà, strato dopo strato, i veli, fisici e metaforici, che la proteggono, incontrando finalmente il nucleo di sé, dimentico delle opinioni altrui e mai così autentico.

Lo stesso destino riguarderà anche Vera, ossessionata dalla paura dell’abbandono e per questo aggressiva e sfacciata, e Vanessa, tanto bella quanto destabilizzata e, soprattutto, distrutta dal dolore per la perdita della sua migliore amica Elena.

Attraverso il sesso, le delusioni, i litigi e le fughe, ciascun personaggio si ritroverà, quindi, costretto a fronteggiare se stesso, i propri demoni e le tormente interiori, in un grande romanzo corale che, come in una catena simbolica, prosegue per assonanze e corrispondenze emotive. Ogni sentimento provato da uno degli adolescenti tratteggiati dà, infatti, lo spunto per inoltrarsi nei meandri di un altro animo affine, creando, così, un romanzo “a incastri” in cui nessun personaggio è mai davvero escluso.

Il risultato è un racconto doloroso, intenso, emozionante, che non si tira indietro di fronte alla trattazione di tematiche scomode e urgenti e alla vivisezione dei pensieri, comportamenti e mutamenti che interessano i suoi attori. Il tutto grazie anche, e soprattutto, alla scrittura tersa e chirurgica di Alice Urciuolo, che con elegante sensibilità delinea i contorni di personaggi in cui diviene semplice immedesimarsi, percependone il dolore, lo stupore e i sentimenti contrastanti.

Ne abbiamo parlato con la giovane autrice 26enne, nota anche per aver sceneggiato la serie di successo “Skam Italia”, targata TIM Vision e approdata lo scorso anno su Netflix.

Qual è l’origine del romanzo? Da dove trae ispirazione e a quale esigenza risponde?

“Credo che ci fosse un nucleo di temi e argomenti fondamentali di cui sentivo l’esigenza di parlare: i rapporti di potere tra uomini e donne, l’eredità culturale del patriarcato e del fascismo nei luoghi dove sono nata e cresciuta e dove è ambientato Adorazione, l’Agro Pontino, la necessità di una nuova educazione sentimentale e sessuale, non solo tra le nuove generazioni. Non ne ero consapevole all’inizio, sono cose che ho messo a fuoco man mano che la scrittura procedeva e il romanzo prendeva forma: all’inizio scrivere Adorazione è stato un atto istintivo, di pancia.”

Quali sono state le tappe precipue del processo creativo? E quali, invece, i punti di contatto e/o distanza con il lavoro abituale sulle sceneggiature? Quest’ultimo è risultato utile per la caratterizzazione dei personaggi?

“Prima di scrivere passo molto tempo a riflettere, elaborare, cambiare e muovere i pezzi, costruire la struttura, e solo dopo passo alla scrittura vera e propria. Mi è stato senz’altro molto utile il bagaglio di strumenti tecnici acquisito sul campo della sceneggiatura, ma scrivere per il cinema e la serialità e scrivere un romanzo sono due cose molto diverse. Una sceneggiatura è solo il primo tassello per la realizzazione dell’opera finale, e raramente si fa da soli. Scrivere un romanzo, invece, è qualcosa di più lungo e solitario.”

A proposito dei protagonisti: quale rapporto hai sviluppato con essi, dato che, per la prima volta, sono di “carta” e non “tangibili” – ossia dotati di volti noti?

“Tutti i personaggi di Adorazione per me sono reali e continuano ad esistere al di fuori della pagina e del tempo di lettura. Mi faccio molte domande su come stanno, su come stanno proseguendo le loro vite. E provo per loro un affetto profondo. Di nuovo, come se fossero persone reali.”

In generale, quale relazione ti lega a questo romanzo e quali sentimenti ti hanno attraversato nel corso della sua stesura? E quali emozioni vorresti che suscitasse, invece, in chi lo incontra e legge per la prima volta?

“Definisco spesso questo romanzo un’autobiografia sentimentale: credo di aver preso e rielaborato molte cose che hanno fatto parte della mia vita. Proprio per questo, la scrittura non è stata spesso facile, ho provato sentimenti di segno opposto, dal rifiuto al senso di liberazione. Spero che chi legge possa provare empatia nei confronti dei personaggi, e, se le riconosce, che possa elaborare tante cose complesse e difficili.”

Adorazione è un testo doloroso e, insieme, commovente per gli sprazzi di consapevolezza e crescita che interessano alcuni dei suoi attori. L’episodio intorno cui si muove la vicenda, però, ossia il femminicidio di Elena, emerge in maniera evidente solo verso la conclusione della narrazione: come mai questa scelta? E da dove trae origine la decisione di trattare questo tema?

“Volevo che Adorazione non fosse in primo luogo la storia di Elena e di Enrico, bensì la storia del perché la morte di Elena riguarda tutta la comunità. I personaggi, o meglio, alcuni dei personaggi, si accorgono nel corso dell’estate che ciò che ha portato Enrico ad uccidere Elena poggia le radici in un terreno che è comune a tutti loro, quello di un tipo di società maschilista e patriarcale, che scambia l’amore col possesso. La morte di Elena rappresenta l’estrema conseguenza a cui si può arrivare con premesse del genere: ecco perché ho deciso di inserirla nel romanzo, ma sullo sfondo, come una stella polare nera sulle teste dei protagonisti.”

Nel corso del testo, inoltre, viene sottolineata più volte la dicotomia tra i «grandi» e gli adolescenti, dove i primi preferiscono il silenzio a una spiegazione chiara dei fatti. Perché questa “opposizione”? Credi vi sia davvero un problema di incomunicabilità tra genitori e figli?

“Penso che il problema dell’incomunicabilità ci riguardi tutti, più o meno giovani, e che spesso è difficile anche per noi stessi capire cosa ci fa stare male, cosa desideriamo, di cosa abbiamo bisogno davvero. Mancano molti strumenti per leggersi dentro e comunicare.”

Dopo una lite furiosa e manesca con Christian, Giorgio, il fratello di Vera, si rivolge alla cugina Vanessa e le chiede: «Sono come Enrico?». Nella narrazione, inoltre, non manca anche la disamina delle diverse sfumature della violenza e del patriarcato (penso, ad esempio, alla continua colpevolizzazione attuata dalle figure femminili a proposito degli atteggiamenti maschili). Secondo te, i più giovani stanno iniziando a riflettere sulle tematiche di genere?

“Credo di sì. Fortunatamente questioni come quella della violenza di genere stanno entrando sempre di più nel dibattito culturale, soprattutto su internet, che permette una più veloce e massiccia circolazione delle informazioni. Il problema, ovviamente, è imparare ad utilizzare e fruire bene la rete, è discernere tra buona e cattiva informazione.”

Come in “Skam Italia”, anche in questo caso i protagonisti sono degli adolescenti: come mai sei tornata a raccontare questa età? Che cosa ti affascina di questo periodo della vita?

“La mia prospettiva sull’adolescenza assomiglia a quella di un film dell’orrore: credo che sia un’età caratterizzata dall’eccesso, sia nel bene che nel male. Ci capitano tante cose per la prima volta, e per la prima volta siamo chiamati a prendere le misure del mondo che ci circonda. Non è un’età a cui mi sento più o particolarmente legata rispetto ad altre, ma la trovo sicuramente unica.”

Per che cosa nutrono davvero “adorazione” i protagonisti del tuo romanzo?

“Si può sviluppare adorazione, intesa come sentimento assolutizzante, a volte distorto, nei confronti di qualsiasi cosa. I miei personaggi la provano sia nei confronti di altre persone che nei confronti di loro stessi, o di loro parti del corpo – penso a Diana e alla sua voglia.”

Il tuo esordio letterario è anche parte della dozzina del Premio Strega 2021, su proposta di Daniele Mencarelli: te lo aspettavi? E come stai vivendo questa partecipazione al Premio?

“So che si tratta di una frase fatta, ma no, non me l’aspettavo. Ho sempre sperato che Adorazione trovasse i suoi lettori e che fosse apprezzato, ma tante cose che sono venute dopo sono state inattese e sono risultate, quindi, ancora più emozionanti. Essere in dozzina è sicuramente una di queste.”

Infine, un’ultima curiosità: come hai trascorso questo ultimo anno di pandemia? È stato prolifico, a livello creativo? Quali saranno i tuoi prossimi progetti lavorativi?

“Scrivere ormai fa parte della mia quotidianità, ed essendo un lavoro che si svolge da soli in casa non ho sentito molto la differenza tra prima e dopo la pandemia. Questo, ovviamente, solo per quanto riguarda la scrittura. Sto lavorando a diversi progetti come sceneggiatrice di cui spero potrò parlare meglio presto, e sicuramente in futuro ci sarà un secondo romanzo.”

 

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