"L'eterosessualità è obbligatoria" e innaturale: la tesi di Adrienne Rich
Poetessa e saggista statunitense, oltre che fervente femminista, manifestò la necessità di ampliare la riflessione sulla sessualità femminile
Poetessa e saggista statunitense, oltre che fervente femminista, manifestò la necessità di ampliare la riflessione sulla sessualità femminile
“È ormai tempo di elaborare una critica femminista dell’orientamento eterosessuale imposto alle donne, e in questo saggio cercherò di dimostrare il perché”. Fu così che, nel 1980, venne presentato Eterosessualità obbligatoria ed esistenza lesbica, un testo di denuncia contro l’assenza di adeguate e approfondite riflessioni sulla sessualità femminile in ogni sua sfumatura.
La sua autrice, Adrienne Rich, era una poetessa e femminista della seconda ondata, già nota per le sue posizioni radicali.
Nata a Baltimora nel 1929, negli anni Cinquanta si affermò per la poesia, ma il suo era un orizzonte diverso da quello dei poeti che l’avevano preceduta. Cresciuta nell’America del dopoguerra, dove la lotta per i diritti civili era appena iniziata, non si tirò indietro. C’erano ancora infinite battaglie da portare avanti e da vincere.
La sua feroce critica alla società contemporanea, unita al suo attivismo politico, la separarono dalle altre poetesse della sua generazione, come Sylvia Plath e Anne Sexton. Partecipò a manifestazioni contro la guerra del Vietnam, organizzò letture di poesie per la pace e marciò per i diritti delle donne. Con questo spirito scrisse quello che oggi rimane il suo saggio più letto e conosciuto.
Partendo da alcune riflessioni di altre femministe piuttosto celebri in quegli anni, osservò come “tutti ne avrebbero guadagnato in termini di accuratezza, autorevolezza e incisività se solo le autrici avessero sentito l’obbligo di parlare dell’esistenza lesbica”. Non negava l’importanza di quei libri, ma auspicava che si potesse finalmente ampliare il discorso e coinvolgere ogni esperienza femminile nel dibattito.
C’era chi, come Barbara Ehrenreich e Deirdre English, aveva preso in esame i consigli dati dagli operatori sanitari uomini alle donne nel corso dei decenni, che puntavano al controllo del ruolo produttivo e riproduttivo delle donne. Jean Baker Miller, invece, era stata lodata dalle femministe per un testo di tipo psicologico considerato da Adrienne Rich “eterocentrico”. Nessuna di loro sembrava andare oltre l’eterosessualità. Eppure non mancavano dati relativi alla condizione ancora difficile delle lesbiche: la storica Nancy Sahli aveva persino parlato di come, ormai prossimi alla fine del XX secolo, nei college americani esistesse ancora “una decisa restrizione alle amicizie troppo intense fra le donne”.
La risposta a questa difficoltà del movimento femminista di seconda generazione nell’affrontare l’omosessualità, secondo la poetessa e saggista americana, era riconducibile a una cultura di stampo maschilista ben radicata (anche involontariamente) nelle donne.
Vi sono alcune manifestazioni di potere maschile intese ad imporre alle donne l’eterosessualità, più facilmente identificabili di altre, ma tutte quelle che ho elencato contribuiscono alla creazione di quel coacervo di forze al cui interno le donne sono state convinte che il matrimonio e l’orientamento sessuale verso gli uomini sono componenti inevitabili della loro vita, benché insoddisfacenti o oppressive.
Adrienne Rich prese poi a modello alcune donne famose, lontane dai canoni classici di moglie e madre, come Emily Dickinson e Virginia Woolf. Le loro vite erano la testimonianza di quanto fosse difficile proporre un modello diverso da quello accettato dalla società.
Se si pensa che l’eterosessualità sia la «naturale» propensione emotiva e sensuale delle donne, le vite come quelle sopra descritte appaiono devianti, patologiche, menomate dal punto di vista emotivo e sensuale; oppure, secondo un gergo più recente e permissiva, vengono banalmente ridotte a «stili di vita». E l’operato di queste donne – sia esso semplicemente il lavoro quotidiano di sopravvivenza e resistenza individuale e collettiva o l’opera della scrittrice, dell’attivista, la riformatrice, l’antropologa o l’artista – il lavoro di autorealizzazione, viene sottovalutato o visto come il frutto amaro dell’«invidia del pene» o la sublimazione di un erotismo represso o i deliri insignificanti di una «odiatrice di uomini».
Un nuovo femminismo era dunque possibile? Scomparsa non molti anni fa, nel 2012, Adrienne Rich oggi è stata riscoperta dalla nuova ondata di femminismo. La sua voce oggi ha ancora la stessa forza e potenza.
Se spostiamo però l’angolo visivo e consideriamo in che misura e con quali metodi la «scelta» eterosessuale è stata in realtà imposta alle donne, potremo non solo avere una diversa percezione del significato delle vite e del lavoro individuali ma potremo anche focalizzare un elemento centrale della storia delle donne: cioè il fatto che le donne hanno sempre opposto resistenza alla tirannia maschile. Un femminismo di azione, spesso, ma non sempre, privo di supporto teorico, si è costantemente manifestato in ogni cultura ed in ogni epoca.
Web content writer e traduttrice. Parlo poco, scrivo tanto e cito spesso Yeats.
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