Capelli corti, vestiti austeri e di foggia maschile, occhiali e sguardo rivolto in lontananza, come a scrutare qualcosa all’esterno, forse nel giardino che tanto amava. Così il grande pittore John Singer Sargent ritrasse Vernon Lee, pseudonimo di Violet Paget, grande intellettuale e scrittrice vissuta tra Ottocento e Novecento e oggi quasi completamente dimenticata. Una figura importante per il mondo della letteratura fantastica e per la saggistica, che meriterebbe di essere riscoperta, come ricordato anche da un articolo di The Paris Review.

Nella seconda metà dell’Ottocento, il periodo storico in cui Violet Paget iniziò la sua attività letteraria, le donne che scrivevano romanzi erano moltissime e nessuno ostacolava la loro carriera. Non valeva la stessa regola per la filosofia e la saggistica, territori ancora considerati di dominio prettamente maschile. Fu così che Violet decise di cambiare nome, scegliendone uno maschile, che usava anche nel privato.

Nata nel 1856 a Boulogne-sur-Mer, in Francia, Violet Paget proveniva da una famiglia cosmopolita e colta, che dopo molto peregrinare decise di stabilirsi nel 1873 a Firenze. Poliglotta e dotata di una mente acuta, Violet iniziò a scrivere fin da adolescente, producendo saggi complessi e di diverso genere. Temeva però di non essere presa sul serio, in quanto donna. Fu così che nel 1878, con lo pseudonimo Vernon Lee, iniziò a farsi conoscere nell’ambiente culturale britannico, per poi pubblicare nel 1880 una raccolta di saggi sull’Italia del Settecento.

Il paesaggio italiano la affascinava. In esso amava perdersi e ritrovare lo spirito del passato, la storia, i miti e anche le entità misteriose. Quello per l’Italia era un vero amore, che traspare anche da alcuni passaggi del suo saggio più noto, Genius Loci:

Aveva piovuto a dirotto durante quell’ultimo giorno a Verona e il cielo aveva cominciato a schiarirsi solo nel pomeriggio. Comprai un mazzolino di lavanda per ricordo e prima di partire sorseggiai un caffè in Piazza dei Signori. Le pietre erano ancora bagnate, ma il cielo era ormai sereno. Umide nubi salpavano sopra le torri, i colombi torraioli beccavano sui marciapiedi e volavano dentro le fessure dei palazzi, le rondini emettevano strida mentre, nascosto dietro ai tetti, il sole stava tramontando.

Genius loci

Genius loci

L'opera più famosa di Vernon Lee, che incanta raccontando antichi borghi e territori plasmati da civiltà secolari.
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A soli 22 anni, Vernon Lee fece conoscere ai lettori inglesi l’opera ancora sconosciuta del poeta Pietro Metastasio e del drammaturgo Carlo Goldoni. Proseguì la sua attività di scoperta del nostro Paese pubblicando dei saggi di estetica e sul Rinascimento italiano, ma le sue doti spaziavano in altri campi, compreso quello del romanzo di genere fantasy, di cui fui una vera pioniera. Il suo stile era elegante e versatile, tanto da farla diventare presto una personalità di riferimento non solo in Gran Bretagna, ma anche nei circoli letterari italiani.

Visse per quasi tutta la sua vita in una villa quattrocentesca sulle colline fiorentine, chiamata Il Palmerino, che la sua famiglia aveva acquistato da un conte italiano. Nell’ultimo decennio dell’Ottocento condivise la sua casa con la sua compagna Clementine Anstruther-Thomson, che la lasciò nel 1899 per andare ad accudire un’amica malata.

La sua dichiarata opposizione alla Prima Guerra Mondiale le portò però diverse inimicizie, tanto che il mondo letterario di inizio Novecento iniziò a snobbarla. Fu il movimento femminista, molti decenni dopo, a far riscoprire la sua opera.

Nel 1911 Vernon conobbe Irene Cooper Willis, che rimase al suo fianco fino alla sua morte, nel 1935. Fu proprio Irene a donare al British Institute di Firenze, su richiesta della Lee, una collezione di 400 libri antichi che le erano appartenuti, ancora oggi consultabili.

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