Saskia Vogel, consenso, prostituzione e sesso visti da una donna senza perbenismi
"Consenso", l'esordio letterario della traduttrice statunitense Saskia Vogel, è già un caso letterario: un debutto potente, che diventerà anche una serie televisiva
"Consenso", l'esordio letterario della traduttrice statunitense Saskia Vogel, è già un caso letterario: un debutto potente, che diventerà anche una serie televisiva
Consenso, lo spiazzante esordio letterario di Saskia Vogel, si apre con una dichiarazione d’intenti: “Sono una pornografa. Dalla più tenera età, ho visto il sesso pervadere il mondo”. Si tratta di una citazione di Camille Paglia, sociologa e saggista statunitense, ma soprattutto faro e nume tutelare nella lotta femminista.
Pubblicato nel 2019 in Gran Bretagna, Stati Uniti, Spagna, Svezia, Francia, il romanzo esce ora anche Italia, grazie alla casa editrice Safarà, che da qualche tempo si occupa della pubblicazione di opere di narrativa e saggistica trasversali e sorprendenti. La storia parla di perdita, dolore, solitudine e di sesso, ma in maniera sottilmente sovversiva e matura. Sì, ci sono descrizioni di rituali sadomaso, parole d’ordine e feticismi, ma non hanno nulla a che fare con i cliché a cui ci ha abituati una certa letteratura all’acqua di rose negli ultimi anni.
Nata nel 1981 a Los Angeles, Saskia Vogel ora vive a Berlino, dove lavora da tempo come traduttrice di romanzi dallo svedese e dal tedesco verso l’inglese. Oltre alle traduzioni, ha scritto diversi interventi su questioni di genere e sui temi del potere e della sessualità per riviste e siti letterari come Granta e The Paris Review, occupandosi anche del business della pornografia. Il suo libro di debutto esplora le tematiche su cui lavora da anni, come raccontato proprio dall’autrice in un’intervista a 3 Quarks Daily.
Il libro è nato sicuramente dalle domande che mi sono posta sulla società dopo essere tornata a Los Angeles, in seguito agli anni passai in Svezia per le superiori e a Londra per l’università. LA, dove sono nata e cresciuta, all’improvviso era un posto nuovo per me. Potevo legalmente bere, e quindi accedere a nuovi spazi, e finalmente avevo la patente.
Portavo con me anni di lontananza e incontri con nuove culture. Nulla della vita di LA era quello che conoscevo. Pensavo che avrebbe significato maggiore libertà. Tuttavia, quando sono tornata a LA da adulta, nei miei primi vent’anni, mi sono accorta di come la realtà mi chiedesse di conformarmi a determinate regole in quanto donna, ad esempio per come mi presentavo. Quando uscivo con qualcuno era tutto molto formale, come se noi donne dovessimo dimostrare di essere capaci di mettere in scena una recita, invece che creare un legame.
Saskia Vogel ha vissuto questa situazione come un’imposizione dall’alto, forse frutto di una cultura paternalistica che è esplosa solo con l’affaire Weinstein e i casi di molestie a Hollywood, denunciati dal #metoo. C’era un’impalcatura di sesso e potere che reggeva tutto, una sorta di economia disonesta e apertamente accettata che permeava ogni aspetto del vivere a Los Angeles.
Per questa ragione si è avvicinata alla cultura BDSM, basata su bondage e sadomasochismo, ma priva di bassezze e soprusi. Si è trovata così a navigare tra due mondi, quello alla luce del sole e dominato dal sistema patriarcale e quello della piccola comunità nascosta, fondata su regole precise e sulla necessità di non andare mai oltre determinati confini. Da lì e da molte altre riflessioni è nata l’ispirazione per Consenso.
Ho iniziato a scrivere questo libro pensando a Josephine Mutzenbacher, il primo romanzo pornografico tedesco, scritto all’inizio del Novecento. In breve, dovrebbe essere il diario di una ragazzina che scopre il sesso e le piace talmente tanto da diventare una prostituta, una volta grande. Si dice che l’abbia scritta Felix Salten, l’autore di Bambi.
Come altri libri che raccontano le vicende di una donna di piacere, come ad esempio Fanny Hill, l’autore ci offre una struttura morale. C’è un prologo del medico che si prende cura di Josephine nei suoi ultimi giorni in cui sostanzialmente dice: questo è un libro sordido, ma voi non dovete sentirvi sporchi quando lo leggete, perché se guardate oltre all’elemento pornografico, è un documento di raro candore spirituale che offre uno scorcio nelle profondità del cuore umano.
Nei diversi articoli scritti prima di arrivare al romanzo, Saskia Vogel ha affrontato spesso il tema del ruolo della donna nella società. In Sluts, ad esempio, ha tracciato una mappa non troppo nascosta di come ogni donna sia costretta a soccombere alle categorie. E tutto è nato da uno dei suoi primi lavori ben pagati, quando scriveva recensioni su film pornografici.
Ero orgogliosa di quello che facevo per mantenermi. Mi immaginavo come un’intrusa che un giorno avrebbe potuto sbloccare i dibattiti riguardo al fatto che il porno fosse o no legato allo stupro e ad altre violenze sulle donne e all’idea che avesse scombussolato la nostra sessualità. Come altri colleghi, anche io volevo creare un mondo in cui fosse netta la differenza tra realtà e fantasia.
Parlare di sesso, secondo Vogel, spesso diventa una ricerca ossessiva di un perché. Perché desideriamo? In un altro articolo, scritto per Lithub, spiega il motivo per cui a un certo punto ha deciso di lasciare il territorio saggistico per dedicarsi alla finzione, smettendo di porsi questa domanda.
Qualsiasi cosa scrivessi sembrava essere un tentativo di dire la mia sul desiderio e sulla ricerca dei pensieri più intimi, ma io volevo che rimanesse amorfo, sfuggente e oscuro. La nonfiction sembrava lampante e predeterminata. Alla fine, credo che la mia frustrazione nel non essere capace di spiegare questi desideri mi abbia portato a fare il salto e ora questa domanda non mi sembra più così importante. Desideriamo. Non importa perché. Non è con i perché, ma con i nostri desideri che ogni giorno ci confrontiamo.
Dopo la sparizione del padre, scomparso nell’oceano al largo della costa di Los Angeles, Echo si inabissa lentamente in uno stato di paralisi emotiva: priva di punti di riferimento e disorientata dalla freddezza e dall’instabilità della madre, dopo il fallimento di un’improbabile carriera di attrice, Echo cerca di trovare conforto nell’unico modo che conosce: perdendosi nella vita degli estranei.
Quando nella sua vita irrompe una dominatrice di nome Orly, Echo intraprende un percorso che la porterà a sperimentare un’inedita possibilità di relazione con il mondo e con se stessa, al cui interno la potenza dei sentimenti sopiti troverà un nuovo, prorompente spazio in cui esistere.
Chi immaginavo fosse, Orly? Sapevo molto poco di lei, della sua quotidianità, che cosa stavo o non stavo interrompendo chiamandola a tarda notte. Quello che sapevo era come mi faceva sentire. Benvenuta, ogni parte di me. Questo pensiero come una pallottola. Una volta entrata, aveva cambiato la mia carne. Forse potevo chiedere quello che volevo e non essere rifiutata. Forse provare quello che provavo con lei valeva il rischio che un giorno finisse. Avevo imparato a muovermi attraverso la vita malgrado il dolore, favorendo il mio lato sinistro a quello destro, senza mai chinarmi. Sapevo come trovare piacere in questo modo, ed ero abbastanza contenta di prendere i piaceri che trovavo.
Le colline erano dei giganti dormienti, che fremevano nei loro sogni. Ogni volta che si rigiravano nei loro letti, una squadra di manutenzione arrivava per riparare la crepa nella strada costiera, e il mare risucchiava pietre dalla battigia. Quando durante la stagione secca scoppiò un incendio sulle colline, me ne stetti sulla scogliera a fissare gli elicotteri immergere i loro secchi nell’acqua. Cercai gli occhi del pilota mentre l’elicottero si librava in cielo, sopra e oltre la casa dei miei genitori, sperando che trasportasse nient’altro che acqua. Gli incendi boschivi e le strade dissestate erano dei pericoli quotidiani, come i serpenti a sonagli e gli incidenti stradali. Tenevo uno zaino pronto nell’armadio, in caso la terra tremasse o un incendio si diffondesse oltre la strada. Anche da bambina, sapevo che questo paesaggio non sarebbe durato.
Web content writer e traduttrice. Parlo poco, scrivo tanto e cito spesso Yeats.
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