Intervista a Lidia Ravera: "Vorrei che la vecchiaia durasse per sempre"
Abbiamo fatto questa chiacchierata con Lidia Ravera, per parlare di femminismo, dello spauracchio della vecchiaia e di quanto sia bello il "terzo tempo".
Abbiamo fatto questa chiacchierata con Lidia Ravera, per parlare di femminismo, dello spauracchio della vecchiaia e di quanto sia bello il "terzo tempo".
Se qualcuno capitasse sull’isola di Stromboli fra maggio e settembre potrebbe vedere una bella signora bionda intenta a compiere i suoi diecimila passi giornalieri, o la sua corsa da 8 chilometri.
Quella signora è Lidia Ravera, scrittrice, giornalista, che nel 1976 ha incantato l’Italia con il libro Porci con le ali, scritto a quattro mani con Marco Lombardo Radice con gli pseudonimi di Rocco e Antonia. È lì, nella favolosa isola delle Eolie, che Lidia ha posto il suo buen retiro, è lì che lei va sul finire della primavera e rimane fino al giungere dell’autunno, con una parentesi di lontananza di cinque anni, quando è stata impegnata come Assessore Alla Cultura e alle politiche giovanili della Regione Lazio, sotto la guida di Nicola Zingaretti.
Quando la raggiungiamo per questa intervista partiamo da una sua affermazione: “Vorrei che la vecchiaia non finisse mai” per domandarle cosa significhi essere donna nelle diverse età della vita.
“Significa dover fare i conti con categorie come la ‘freschezza’, manco fossi un mazzetto di rucola – spiega in tono ironico – Bisogna avere una grande forza e una personalità ben definita per ribellarsi a uno sguardo che ti costringe a regredire allo stato di ortaggio.
Così io ero ossessionata dalla vecchiaia finché ero giovane, adesso che sono vecchia sto benissimo, perché ho visto che non è vero niente, non una delle banalità che mi facevano paura.
Sono allegra, rilassata, piena di energia libera e sincera. Una festa. Per questo vorrei che la vecchiaia durasse in eterno“.
E perché tante donne hanno così paura della menopausa e di invecchiare? Dipende più dalla paura del giudizio esterno, basato sulla percezione che gli altri hanno di noi e su certi stereotipi estetici, o c’è un voler restare aggrappate a un ideale di giovinezza che è considerato anche di bellezza?
“Le donne hanno paura di invecchiare perché pensano che si invecchi tutte allo stesso modo. Cioè diventando brutte, noiose, cupe, ipocondriache, lamentose, isolate con l’autostima sotto i piedi e nessuna passione. Non sanno- le donne, ma anche gli uomini- che ciascuno invecchia a modo suo. Sei quello che sei, ti evolvi ma non diventi un’altra persona”.
L’ultimo libro di Lidia è L’amore che dura, edito da Bompiani nel 2019; due anni prima, invece, era uscita con Il terzo tempo, romanzo in cui Costanza richiama a sé tutti gli amici di un tempo per un amarcord dolceamaro. Ma il terzo tempo, per Lidia Ravera, cos’è?
“Quello che viene prima del quarto: il momento di massima libertà di un essere umano.
Quando non sei più condizionata dallo sguardo degli altri e non sei ancora condizionata dai guasti del corpo. È una seconda adolescenza. Hai voglia di fare casino, di stare con i simili, di ridere, di innamorarti.
Se posso citare la mia vecchia commedia ‘La donna Gigante’ direi: il modello di charme per la collezione autunno- inverno è la sincerità. È la fine delle maschere e scopri di incantare anche con il tuo viso nudo. Con la sua luce e le sue imperfezioni”
Come va la sua sit-com Old Friends?
“Siamo alla firma dei contratti, abbiamo già scritto un numero zero che fa schiattare dal ridere. È come Friends, tre ragazze da una parte e tre ragazzi dall’altra nello stesso palazzo. Soltanto che hanno tutti più di 60 anni. Si ride ogni tre minuti, e le risate non sono registrate. L’autoironia è un’altra delle conquiste importanti del Terzo tempo. Il coraggio di ridere“.
Capitolo femminismo, impossibile non chiederlo a una firma “rosa” della letteratura italiana da milioni di copie. Cosa pensa di questo “quarto femminismo”?
Io ne conosco soltanto uno, quello che parte dalla percezione di una differenza (benedetta) e di una discriminazione (da combattere).
Il femminismo non è qualcosa di cui bisogna smettere di parlare. Esistono due soggetti al mondo, due soggettività, due sguardi. Il maschile e il femminile. Finora l’universale è sempre stato maschile. E lo sguardo femminile viene considerato minore o marginale o subalterno. Siamo ancora parecchio indietro“.
Gli anni ’70 e due ragazzi della sinistra studentesca alla scoperta della vita, il sapore della ribellione, il racconto delle loro emozioni e la scoperta del sesso. In questo libro Lidia Ravera racconta la sete di vita e le molteplici passioni della generazione del ’68.
Se Jo, la protagonista di Piccole donne, era una sognatrice, la Giò degli anni ’80 è una ragazza intrepida, temeraria, le cui avventure cominciano con un misterioso appuntamento mancato con il padre, che ha piantato in asso da 17 anni una moglie e tre figlie piccolissime e una quarta in gestazione. Da Barcellona, a Roma, passando per New York, al Kafue National Park in Zambia, tra turbamenti dei sensi, Giò ritroverà un padre “non del tutto onesto” ma “splendido”.
Torino, inizio del nuovo millennio: Alexandra Berthollet invita a casa sua un gruppo di amici, tutti ex militanti di un gruppo di estrema sinistra, per festeggiare il ritorno di Carlo, altro ex membro del gruppo, diventato un famoso direttore d’orchestra negli Stati Uniti e ora in procinto di dirigere il Falstaff di Verdi al Regio. Per ognuno di loro il tempo è passato, inesorabile, spietato.
Questo romanzo racconta la passione, le illusioni e il riscatto attraverso le storie di tre amici che non vogliono e non possono rinunciare alle loro speranze.
Stefano ha la vita di un single di mezz’età: casa disordinata, letto sfatto e una cucina in cui si ammucchiano i piatti da lavare. Ma un giorno, al risveglio, trova Sophie, donna colta e riservata, che offre, quasi inspiegabilmente, i propri servigi di domestica instancabile. Per la prima volta Stefano si abbandona alla passione, rendendo ancor più duro il secondo risveglio, nella casa di nuovo vuota, deserta, silenziosa.
Iris, 79 anni, vive sola, ha una figlia intelligentissima e antipatica, una nipote bella ma ignorante, e un giorno decide di vendere la casa in cui abita e di iniziare a pensare alla morte. Comincia così a tenere un diario come le consiglia lo psicanalista Carlo, che conosce da tre anni. Con lui parla, riesce ad aprirsi, e piano piano scopre di esserne innamorata. Ma può esserci amore, ed eros, nell’inverno della vita?
Nel mondo post Grande Disordine i cittadini hanno perso la pazienza; fra loro c’è anche Umberto, amministratore delegato di un’azienda importante, che, allo scadere del suo tempo, accetta di lasciare casa amici posizione e l’amatissima moglie Elisabetta, di poco più giovane di lui e altrettanto ben piazzata nel mondo del lavoro. Forse è giusto scansarsi e fare posto ai figli, come Matteo che, a 35 anni, ancora vive all’ombra di suo padre.
Costanza non è vecchia, ma presto lo sarà. Convinta che il terzo tempo sia da vivere pienamente, senza mai smettere di cercare la felicità, ne scrive in una rubrica. “Insegno malinconia positiva. Soffrire da vecchi è la regola. Soltanto i vecchi speciali ce la fanno. E i vecchi speciali sono quelli che stanno bene.” Quando eredita dal padre un ex convento a Civita di Bagnoregio le viene la bizzarra idea di radunare, in quella casa bella e nuda, i compagni con cui giovanissima ha condiviso a Milano la vita e l’impegno politico, per ricreare una comune, una famiglia larga in cui spartire gli affanni e discutere del futuro perché un futuro c’è sempre, fino alla fine dei giochi. È un tentativo di tornare all’età delle illusioni?
Emma e Carlo si ritrovano per una resa dei conti. A quarant’anni da quando hanno scoperto l’amore insieme, a vent’anni dalla fine del loro matrimonio: quando Carlo è volato a New York a sfidare se stesso ed Emma è rimasta a Roma, a insegnare in una scuola di borgata. Oggi lui è un regista quasi famoso, lei un’idealista fuori dal tempo.
Emma cova una colpa che vorrebbe confessare senza nemmeno sapere come. Arriva all’appuntamento, ma la resa dei conti non avrà luogo. Un incidente la impedisce, o forse la ritarda soltanto.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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