Elizabeth Acevedo e il "potere nelle parole" di connetterci con noi stess* | INTERVISTA

Campionessa di poetry slam e vincitrice del National Book Award, la scrittrice Elizabeth Acevedo insegna alle giovani donne come trovare la propria voce e, di conseguenza, il proprio potere. Anche attraverso la poesia.

Trovare le parole giuste per esprimere il proprio mondo interiore non è sempre semplice. A volte, però, basta un «quaderno di compleanno» per mettere ordine nei propri pensieri e, attraverso la carta e l’inchiostro, dare a essi una forma.

Ancora meglio se in poesia, come succede a Xiomara Batista, la protagonista quindicenne di Poet X, il primo romanzo in versi scritto dalla campionessa di poetry slam Elizabeth Acevedo e da poco pubblicato in Italia da Sperling & Kupfer.

Nelle parole, l’adolescente di origine dominicana residente nel quartiere di Harlem trova il proprio potere e delinea i contorni della propria identità in un modo inedito e catartico, tentando di contrastare il giogo di una madre tradizionalista e profondamente religiosa e di dare una forma ai propri tumulti interiori e disordinati, lontano da occhi indiscreti.

Affidandosi, appunto, a un quaderno di pelle:

Quando ho compiuto dodici anni, mio fratello aveva messo via abbastanza soldi della paghetta per comprarmi un bel regalo: un quaderno di compleanno. […] Mio fratello dice che io non parlo molto, così sperava che quello potesse diventare un posto dove infilare i miei pensieri. Ogni tanto li metto in forma di poesia. Provo a vedere se il mio mondo cambia dopo che ho consegnato alla pagina le parole. […] A volte mi sembra che scrivere sia l’unico modo per non stare male.

Alle pagine del suo “posto segreto” Xiomara affida, infatti, i turbamenti di un’adolescente che non è più invisibile, ma che, anzi, è continuamente vittima di catcalling e sguardi lascivi, costringendola, così, a osservare, inerme, il proprio corpo che cambia e a domandarsi come gestirlo e gestirsi, per sentirsi a proprio agio nel mondo e non subire le cattiverie che la trafiggono.

Sono una che non passa inosservata. Più alta persino di mio padre e con “un corpo troppo grande per una ragazzina” secondo mia madre, oggi la cicciona porta una quarta e ha fianchi ondeggianti e quelli che alle medie mi chiamavano balena adesso smaniano per un mio selfie in perizoma.

E, come spesso accade, sarà proprio attraverso le parole che Xiomara si riscatterà, iscrivendosi al club di poetry slam della scuola e trovando, così, la strada verso la propria voce. Mai più zittita, ma potente, liberatoria e autentica.

Ne abbiamo discusso con l’autrice 33enne – americana, ma di origini dominicane, proprio come la protagonista – Elizabeth Acevedo: tra le performer di poetry slam più apprezzate del panorama internazionale – con componimenti che trattano soprattutto di diritti delle donne e delle minoranze –, bestseller del New York Times e vincitrice, nel 2018, del National Book Award proprio per Poet X, il suo primo romanzo.

Partiamo dalle basi: potresti spiegarci che cos’è la poetry slam e quali sono le sue caratteristiche principali? Quale sarebbe la definizione più appropriata?

“Definirei la poetry slam come una sorta di competizione, o gioco, in cui le persone fanno punti in base a quanto sono bravi a recitare o a interpretare i componimenti che hanno scritto.”

Come hai conosciuto questa forma d’arte? Quali sono stati i tuoi primi passi in questo ambito? Avevi dei punti di riferimento specifici?

“Durante gli anni della mia crescita, volevo essere con tutta me stessa una rapper. La mia scuola superiore aveva un club di poesia, ed è stato proprio in quel club che ho imparato i diversi stili di scrittura. In quel contesto, tutti i partecipanti erano invitati a competere in una gara di poetry slam, aperta a tutti i teenager di New York (più di 500). Decisi di partecipare: ho superato le fasi preliminari, le semifinali e sono giunta all’esibizione conclusiva, dove ho avuto difficoltà con una poesia e non ho vinto. Ormai, però, ero immersa nel processo e ho imparato molto dai miei colleghi.”

Com’è cambiata la tua vita in questi anni di poetry slam e competizioni? Il periodo di sospensione causato dalla pandemia ha aiutato la tua creatività o no? È stato un anno prolifico?

“Non competo più e non lo faccio da cinque anni. Nel 2014 ho vinto un importante campionato nazionale ma ora sento che questo format, per quanto divertente, richieda molto impegno. Il mio interesse si è, quindi, spostato verso l’esplorazione di altre strade per il mio lavoro, oltre il palco, come la stesura di romanzi o di sceneggiature.

Questo ultimo anno, invece, è stato difficile. Sono stata creativa, ma non per quanto riguarda le pubblicazioni. Ho cucinato pasti complessi, ho iniziato a creare candele e saponi con le mie mani e ho scritto lettere agli amici. È come se questo ultimo anno abbia rivolto la mia creatività verso l’interno.”

Nella sinossi italiana del tuo romanzo, Poet X, si staglia una frase: “C’è potere nella parola”. Come hai scoperto il tuo potere?

“Il mio potere è un continuo flusso e riflusso, ma le parole che dico e rivolgo a me stessa spesso veicolano quel potere. Più scrivo sinceramente, più riesco a riconnettermi con il mio io più potente.”

Il tuo primo romanzo tratta di donne, dei diritti delle minoranze e dei problemi correlati all’integrazione. Com’è la situazione, a tre anni dalla sua pubblicazione? Credi che qualcosa sia cambiato?

“Penso che sia una conversazione in corso. E poi non li considero necessariamente come “problemi di integrazione”, quanto più come determinate persone al potere che vogliono restare al potere a scapito di donne e persone di colore.”

Poet X, inoltre, è un romanzo in versi. Com’è stato il processo creativo? Hai riscontrato qualche difficoltà, nella scrittura?

“Non è un tipo di scrittura che mi hanno insegnato, quella del romanzo in versi. Ho dovuto, perciò, leggere molti altri libri redatti con questo stile e insegnare a me stessa che cosa significasse raccontare una narrazione in questo modo. Ci sono state difficoltà, sì: fare qualcosa di nuovo che non è diffuso è sempre complicato, ma sapevo che avrei potuto sistemare qualsiasi cosa avessi finito.”

Razzismo, catcalling, body shaming: come possiamo fronteggiare questi fenomeni mortificanti? Pensi che le voci dei nuovi movimenti femministi e per i diritti umani troveranno spazio, nella nostra comunità?

“Dobbiamo trovare spazio. Non abbiamo altre opzioni. Troppe persone dipendono da questa generazione di esseri umani per quanto concerne la protezione delle donne, delle persone queer e dell’ambiente. La situazione è urgente.”

Poet X ha anche vinto, nel 2018, il National Book Award: che cosa rappresenta questa vittoria, per te? Te lo aspettavi?

“Assolutamente no! Non avevo neanche scritto un discorso di ringraziamento perché pensavo fosse troppo inverosimile. È stato un bel viaggio vedere il mio romanzo compiere un’impresa di questo tipo.”

Il volume è arrivato da poco in Italia. Quali sentimenti speri possano esperire le persone che leggeranno le tue parole per la prima volta?

“Empatia. Ispirazione. Non ne sono sicura. In realtà, non ho molte aspettative circa i lettori. Confido che le persone si approccino alla storia perché sperano che parli loro, e che la volontà di impegnarsi sia più che sufficiente per me.”

Poet X

Poet X

Arrivato da poco in Italia grazie alla casa editrice Sperling & Kupfer, il primo romanzo di Elizabeth Acevedo è un vero e proprio fenomeno editoriale, in grado di parlare con forza e autenticità a tutte le giovani adulte come Xiomara, in lotta per trovare il proprio potere e la propria voce.
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