C’è stato un tempo, che sembra davvero remoto e astratto, in cui le donne non potevano prendere parte alla vita politica del proprio Paese, esprimendo un diritto che oggi, per quanto talvolta bistrattato, è ritenuto inviolabile, quello al voto. Peccato che nessuno lo giudicasse scandaloso, né l’emblema di una democrazia “monca”, e che anzi sembrasse del tutto naturale che al “sesso debole” venisse negata l’opportunità di avere un’idea politica, e di poterla esprimere, ovviamente.

Fu solo con le elezioni del 2 giugno 1946, quando, nel dopoguerra, gli italiani furono anche chiamati a scegliere tra la Repubblica e la monarchia, che le donne ebbero finalmente l’accesso alle urne elettorali, e non solo: per la prima volta nella storia poterono persino essere elette. Un traguardo impensabile solo fino a pochi anni prima, quando, in pieno regime fascista, il patriarcato aveva imposto alle donne una passiva accettazione del loro ruolo di angeli del focolare, scenario sovvertito però dai tempi della guerra, quando, con gli uomini al fronte, fu proprio la popolazione femminile a mandare avanti l’economia del Paese.

Quanto quel momento fosse significativo lo testimoniano le parole della giornalista Anna Garofalo:

Le schede che ci arrivano a casa e ci invitano a compiere il nostro dovere, hanno un’autorità silenziosa e perentoria. Le rigiriamo tra le mani e ci sembrano più preziose della tessera del pane. Stringiamo le schede come biglietti d’amore. Si vedono molti sgabelli pieghevoli infilati al braccio di donne timorose di stancarsi nelle lunghe file davanti ai seggi. E molte tasche gonfie per il pacchetto della colazione. Le conversazioni che nascono tra uomo e donna hanno un tono diverso, alla pari.

Assieme alle donne votanti, ci furono quindi anche le donne votate; per la precisione, le 21 donne elette per l’Assemblea Costituente, guidata da Giuseppe Saragat che, seguendo il Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 98/1946, avrebbe dovuto non solo redigere la nuova costituzione, ma anche votare la fiducia al governo, approvare le leggi di bilancio e ratificare i trattati internazionali.

A queste donne le autrici Giulia Mirandola, Micol Cossali, Novella Volani, Mara Rossi  hanno dedicato un libro, Libere e sovrane. Le donne che hanno fatto la Costituzione, in uscita a fine marzo per Settenove, in cui, grazie anche alle illustrazioni di Michela Nanut si ripercorrono le storie e le biografie delle “madri della Costituzione”.

Non ci sono “solo” Nilde Iotti e Lina Merlin, forse due fra le esponenti di spicco della politica femminile italiana in tutta la storia repubblicana, ma molte altre donne, con passati da casalinga, da insegnante, da impiegate. Donne semplici, abituate al lavoro, catapultate d’improvviso su un palcoscenico prestigioso, con in mano la responsabilità di dare vita alla neonata Carta Costituzionale di uno Stato ferito e bisognoso di rialzarsi.

In gallery mostriamo i loro volti, i loro nomi, e vi raccontiamo qualcosa in più di loro.

Libere e sovrane, le donne che hanno fatto la Costituzione
Fonte: web
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