“Non sono lesbica, ho solo amato Thelma”. Con queste parole la scrittrice americana Djuna Barnes rispose a chi voleva inserirla in una sottocategoria per lei troppo specifica. Forse si trattava di una strategia coscienziosamente assimilata per allinearsi al modernismo, corrente letteraria di cui faceva parte insieme a James Joyce, T.S. Eliot e Virginia Woolf. Voleva rigettare qualsiasi elemento autobiografico e puntare all’universalità della scrittura, come ricorda un articolo a lei dedicato da The Conversation.
Djuna Barnes voleva che le persone la ricordassero per i suoi libri e non per la sua storia con l’artista Thelma Wood. Ciò ancora provoca grande frustrazione in chi vorrebbe celebrarla come icona lesbica della letteratura del Novecento. Lei, che amava definirsi “la sconosciuta più famosa del secolo”, nell’ultima parte della sua vita aveva anche dimostrato di non amare il movimento femminista e di non voler nemmeno essere considerata una scrittrice donna.
Leggendo i suoi libri, come il capolavoro La foresta della notte, è però impossibile non percepire una tensione costante. I suoi personaggi sembrano dilaniati dalla questione dell’identità, di qualsiasi tipo, come se appartenere a un determinato gruppo sia allo stesso tempo fonte di piaceri e di problemi. Una condizione che Djuna Barnes sicuramente conosceva molto bene.
Sfogliate la gallery per leggere la storia di Djuna Barnes…
Djuna Barnes
Djuna Barnes nacque il 12 giugno 1982 in una baita in montagna, a Cornwall-on-Hudson, New York. La sua nonna paterna, Zadel Barnes, era stata a sua volta una scrittrice e una suffragetta. Suo padre, Wald Barnes, era un compositore e pittore, apertamente poligamo, e viveva sia con la madre di Djuna che con l’amante. Djuna e i suoi sette fratelli vissero in un ambiente bizzarro, educati a casa, ma solo in materie letterarie e artistiche. Sebbene non venne mai confermato dalla Barnes, se non tramite sottili allusioni in un paio di opere, a 16 anni sembra sia stata violentata da un vicino di casa, forse autorizzato proprio da suo padre.
Djuna Barnes
Poco prima del suo 18esimo compleanno, sposò il fratello dell’amante di suo padre. L’uomo, che si chiamava Percy Faulkner, aveva 52 anni ed era stato imposto sia dal padre di Djuna che dal resto della sua famiglia. Il matrimonio durò un paio di mesi. Nello stesso periodo anche i suoi genitori si separarono: Djuna si trasferì con la madre e tre fratelli a New York, dove finalmente riuscì a iscriversi a una scuola d’arte. Per mantenere se stessa e ciò che rimaneva della sua famiglia cominciò a lavorare come giornalista.
Djuna Barnes si sottopone all'alimentazione forzata
Djuna Barnes scriveva articoli molto sperimentali, per la sua epoca. Nel 1914, ad esempio, provò di persona una tecnica di alimentazione forzata che veniva utilizzata sulle suffragette che facevano lo sciopero della fame.
Djuna Barnes con la gorilla (2014)
Per l’articolo The Girl and the Gorilla, pubblicato dal New York World Magazine nell’ottobre 1914, Djuna Barnes intrattenne una conversazione con Dinah, una gorilla dello zoo del Bronx. Djuna Barnes amava affrontare situazioni rischiose normalmente negate alle donne, come ad esempio gli incontri di boxe.
Djuna Barnes
Nel 1915 si trasferì in una comunità di artisti e scrittori nel Greenwich Village, caratterizzata da un’estrema libertà nei costumi artistici e sessuali. Feroce detrattrice della procreazione e della maternità, Djuna intrattenne un gran numero di relazioni sia con donne che con uomini. Riuscì a pubblicare una raccolta di poesie e disegni a tema saffico, The Book of Repulsive Women e scrisse quattro opere teatrali e alcuni testi da lettura, pubblicati sotto pseudonimo.
Djuna Barnes con Solita Solano a Parigi nel 1922
All’inizio degli Anni Venti Djuna Barnes si trasferì a Parigi, centro nevralgico del movimento modernista, e divenne la regina dei salotti letterari. Si unì al gruppo di Gertrude Stein, di cui facevano parte anche la scrittrice Solita Solano, la pittrice Romaine Brooks e molte altre artiste.
James Joyce ritratto da Djuna Barnes
Nel 1922 intervistò l’amico James Joyce per Vanity Fair, a cui dedicò anche un ritratto. Ispirandosi proprio a lui, si avvicino al modernismo. Nel 1928 pubblicò il suo primo romanzo, Ryder, che divenne un bestseller del New York Times.
Djuna Barnes con Thelma Wood
Il libro era dedicato a Thelma Wood, l’artista con cui ormai da anni conviveva, e da cui si separò proprio nel 1928 perché la Wood non desiderava una relazione monogama. Nei primi Anni Trenta scrisse La foresta della notte, romanzo fortemente influenzato dal suo rapporto con Thelma. Il libro fu inizialmente rifiutato, ma successivamente fu T.S. Eliot a pubblicarlo. Le vendite, tuttavia, andarono male: Djuna iniziò a bere troppo e nel 1939 tentò il suicidio.
Djuna Barnes
Tornata a New York, venne costretta dalla sua famiglia a entrare in una casa di cura per disintossicarsi. Una volta uscita, i suoi familiari la rifiutarono e iniziò a vagabondare per la città. Tornò a vivere al Greenwich Village solo grazie agli aiuti economici di alcuni amici, tra cui Peggy Guggenheim, e ci restò per quarant’anni. Nel 1950, dopo dieci anni di inattività letteraria, scrisse un’opera teatrale, The Antiphon. Trascorse gli ultimi anni della sua vita praticamente da reclusa e morì nel 1982, a 90 anni. Molti scrittori, tra cui Truman Capote e Karen Blixen, raccontarono la profonda influenza della Barnes sulle loro opere.
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