"Dille che l'amo": lettere agli amori impossibili di Ernest Hemingway
La vita di Ernest Hemingway, uno dei più grandi scrittori del Novecento, e il suo rapporto con le donne: le amava, le tradiva, ma le voleva sposare tutte
La vita di Ernest Hemingway, uno dei più grandi scrittori del Novecento, e il suo rapporto con le donne: le amava, le tradiva, ma le voleva sposare tutte
Visitando una mostra dedicata a Ernest Hemingway, tenutasi qualche anno fa a Boston, una turista americana si accorse di un dettaglio curioso. Tra le foto, i quadri e i carteggi esposti, ricorreva il nome di sua nonna, Frances Elizabeth Coates. Liz, come la chiamava lui, era una compagna di liceo dello scrittore americano e lui l’aveva corteggiata a lungo. Si erano brevemente frequentati, ma nessuno lo sapeva: lo testimoniavano alcune lettere conservate gelosamente e per decenni dalla famiglia Coates.
Come racconta The Paris Review, la scoperta di quella corrispondenza scritta aprì un nuovo capitolo nella biografia dell’autore de Il Vecchio e il Mare.
Un amore mai consumato nel 1916 e poi, due anni dopo, Ernest Hemingway si arruolò e partì volontario per l’Italia, dove guidò l’ambulanza militare durante la Prima Guerra Mondiale. Ferito e costretto a passare qualche tempo in ospedale a Milano, ricominciò a pensare alla ragazza di cui si era invaghito prima di finire nell’inferno bellico. Decise quindi di scrivere a sua sorella per dirle di chiamare Frances e di intercedere per lui.
Dille che tuo fratello è in punto di morte. E dille che, per favore, deve scrivergli. Falle ripetere l’indirizzo, così non avrà una scusa per non farlo. Dille che l’amo o qualsiasi altra maledetta cosa.
Frances scrisse, ma non sappiamo cosa, dato che la lettera è andata perduta. Sono rimaste solo due missive di Hemingway: in una delle due, datata 15 ottobre 1918, sosteneva di poter “leggere, parlare e scrivere lettere d’amore in italiano”. Dimostrava già una grande passione per il nostro paese, nonostante vi fosse arrivato in un periodo così drammatico e funesto.
Non ho mai pensato di rivolgermi a qualcuno dicendo “My Treasure”, ma ‘Tesor a mea’ [sic] sgorga naturalmente dalla mia penna.
Pur manifestando l’intenzione di praticare la lingua al suo ritorno, presumibilmente con lei, la storia tra loro due non sbocciò mai. Lui divenne un autore di successo, lei una cantante d’opera. Insieme alle lettere ricevute, la giovane conservò per tutta la vita alcuni scatti dello scrittore nel capoluogo lombardo, le foto di una gita in canoa che avevano fatto insieme ai tempi della scuola e una raccolta di ritagli di giornale che ripercorrevano la carriera di Ernest Hemingway, con i suoi quattro matrimoni e gli altri amori “meno ufficiali”, fino al suo suicidio del 1961.
Amava innamorarsi, soprattutto quando c’era solo “stordimento”, come era accaduto con Frances. Successe anche con Marlene Dietrich, a cui scrisse “siamo vittime di una passione non sincronizzata”, ma apparentemente non se la prese poi così tanto, rispetto a quella prima grande cotta adolescenziale. La figura della Coates ritornò spesso nella scrittura di Hemingway, come in Avere non avere: leggendo il romanzo, Frances riconobbe se stessa e il marito nel passaggio spietato e caricaturale del libro. No, Ernie non aveva mai preso bene il suo rifiuto.
Forse lui è troppo per Frances, ma ci vorranno anni prima che lei se ne accorga; oppure, si spera che non se ne accorga mai.
Sfogliate la gallery per ripercorrere la vita e i libri di Ernest Hemingway…
Nato il 21 luglio 1899 vicino a Chicago, Ernest Miller Hemingway apparteneva a una famiglia benestante. Amante della natura fin da bambino, più di ogni altra cosa amava ascoltare le storie, soprattutto se parlavano di animali e di avventure. Imparò a dieci anni ad andare a caccia, suscitando l’invidia dei compagni, tanto da essere picchiato: fu così che decise di imparare a difendersi con la boxe.
Durante le superiori iniziò a scrivere, grazie anche al supporto di alcuni insegnanti, ma non volle proseguire all’università, preferendo lavorare subito come giornalista a Kansas City. Un anno dopo, nel 1918, decise di arruolarsi e partire per l’Europa: insieme a lui, nello stesso contingente, c’erano altri grandi nomi della letteratura novecentesca, come E.E. Cummings, John Dos Passos, William Faulkner e Francis Scott Fitzgerald.
Finito in Italia, nella notte tra l’8 e il 9 luglio rimase ferito in un’esplosione. Si salvò dai colpi della mitragliatrice austriaca solo perché riparato dal soldato italiano che stava cercando di salvare: l’uomo morì, salvandogli involontariamente la vita. Trasferito in ospedale a Milano, si innamorò dell’infermiera statunitense di origine tedesca Agnes von Kurowsky: lei gli disse che l’avrebbe sposato, ma poi non mantenne la promessa.
Tornato a casa, in America, lui continuò a scriverle e a mandarle regali, fino a quando lei decise di fermarlo, dato che stava per sposarsi proprio con il chirurgo che lo aveva operato. Nel 1920, finito il periodo di gloria per il suo ritorno a casa da eroe, Ernest si ritrovò senza soldi e fu costretto a chiedere ospitalità a un amico di Chicago. Proprio in quel periodo conobbe la pianista Elizabeth Hadley Richardson, anche lei ospite della stessa casa, e nel 1921 la sposò.
Insieme alla moglie, più grande di lui di sette anni, Hemingway iniziò a girare l’Europa come corrispondente del quotidiano Toronto Star, ma allo stesso tempo si dedicava alla narrativa. Iniziò con i racconti e alcune poesie, pubblicati per la prima volta in una raccolta a Parigi, grazie all’aiuto di Gertrude Stein.
Nel 1924 Hemingway decise di lasciare il suo lavoro da corrispondente e vivere come scrittore a Parigi, insieme alla moglie (che lo sosteneva economicamente) e al neonato figlio John. Dal punto di vista personale, le cose iniziarono a diventare più complicate: si innamorò di Pauline Pfeiffer, una redattrice di moda, che diventò la sua amante e poi la sua seconda moglie.
La relazione tra Ernest e Pauline provocò un terremoto in casa Hemingway: la donna si era insinuata nella famiglia sottilmente, determinata a conquistare l’oggetto delle sue attenzioni e a strapparlo da una vita “formato famiglia”.
“Il sesso con lei diventò una specie di narcotico e mi ritrovai ad amarla come amavo mia moglie, le amavo entrambe”, scrisse poi lo scrittore. Quando la moglie scoprì il tradimento, se ne andò, non prima di dargli un ultimatum: aveva cento giorni per stare lontano da Pauline e capire se l’amasse o no. Dopo settantacinque giorni, però, arrivò il divorzio. Dopo aver sposato Pauline, nel 1928 nacque il secondo figlio Patrick: una grande gioia, seguita dal dolore per il suicidio di suo padre, a fine anno.
Il grande successo arrivò nel 1929 con la pubblicazione di Addio alle armi, una storia d’amore e guerra ispirata alle sue vicende personali, dall’esperienza come soldato all’amore per l’infermiera Agnes. Con la fama arrivarono altri problemi, tra cui anche l’alcolismo. Stanco della vita familiare, decise di andare da solo a Madrid, lasciando la moglie nuovamente incinta a Key West, in Florida.
In Spagna iniziò a frequentare una donna sposata, Jane Mason, ma la storia si chiuse con il tentato suicidio della donna. Tornato a casa in tempo per la nascita del terzo figlio Gregory Hancock, tornò a dedicarsi ai racconti.
Tornato al giornalismo, nel 1937 tornò in Spagna per documentare la guerra civile insieme a una scrittrice conosciuta al celebre bar Sloppy Joe di Key West, Martha Gellhorn: nel 1940, dopo il divorzio da Pauline, la sposò. “Molto gentile da parte tua non prendertela per il mio esser diventata una presenza fissa in casa tua, come una testa d’antilope sul muro”, aveva scritto Martha a Pauline, come ricordato nella biografia Quando amavamo Hemingway, che riporta le storie delle donne amate dallo scrittore.
Hemingway si ostinava a sposare tutte le donne di cui si innamorava, ma sapeva essere anche crudele. A Martha, la sua terza moglie, arrivò a dire “continueranno a leggere i miei libri molto dopo che i vermi avran finito di divorare il tuo cadavere”. E, proprio nello stesso anno delle nozze, uscì un altro grande capolavoro: Per chi suona la campana, diventato poi un film di successo.
Anche il matrimonio con Martha, complicato dai lunghi viaggi di entrambi, si concluse presto. A Londra, dove si trovava come inviato speciale per lo sbarco in Normandia, nel 1944 conobbe Mary Welsh, inviata di TIME e Life, e se ne invaghì.
Si sposarono due anni dopo e lei rinunciò alla sua carriera per seguire il marito, soprattutto in Italia, dove lui si innamorò di una nobildonna veneta. Tornato nel 1952 a Cuba, uno dei posti che lui considerava casa, scrisse Il Vecchio e il Mare: due anni dopo venne premiamo con il Premio Nobel, ma non poté recarsi a Stoccolma a causa dei problemi di salute. A incidere era stata in particolar modo un’avventura in Africa con la moglie, durante la quale era scampato a un incendio.
Segnato dalla malattia e dalla depressione, dal 1957 Ernest Hemingway iniziò a viaggiare sempre meno, come aveva sempre fatto. Dopo un lungo ricovero in Minnesota nel 1969, durante il quale venne sottoposto a elettroshock, provò a smettere di bere, ma la situazione non migliorò.
Tentò una prima volta a suicidarsi nell’aprile del 1961, ma fu bloccato dalla moglie Mary. Ci riuscì una domenica mattina, il 2 luglio dello stesso anno: venne sepolto tre giorno dopo in Idaho, dove viveva da anni, alla presenza dei figli e di pochissimi amici.
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