Cosa scriveva Tolkien nelle lettere di Babbo Natale che inviava ai suoi figli

J.R.R. Tolkien, oltre ad essere un grande scrittore, autore de “Il Signore degli Anelli” e di altre celebri opere era anche un padre molto affezionato ai propri figli. Nel 1920, pochi anni dopo essere tornato a casa dopo la fine della Prima guerra mondiale, Tolkien aveva dato inizio a una tradizione natalizia che ha portato avanti per ben ventitré anni.

Se c’è un libro che andrebbe acquistato o regalato per riscoprire la magia del Natale, è proprio quello di  J.R.R. Tolkien, scritto per ragioni familiari negli anni che vanno dal 1920 al 1943: Letters From Father Christmas, tradotto per l’Italia in Lettere da Babbo Natale, pubblicato dalla casa editrice Bompiani e tornato in ristampa di recente.

Lo scrisse lo stesso Tolkien de Lo Hobbit e della saga de Il Signore degli Anelli, lo stesso autore che ha inventato mondi, lingue e genealogie e che di certo non avrebbe potuto mancare di creare per i propri quattro figli John, Michael, Christopher e Priscilla un’atmosfera unica e incantata, nel momento in cui la loro età li rendeva i destinatari perfetti per qualche missiva proveniente dal Polo Nord.

Anno dopo anno i figli di Tolkien venivano informati dei preparativi del Natale, dell’immagazzinamento dei regali, delle operazioni di smistamento e scrittura dei biglietti, dei disastri combinati dal goffo e pigro Orso Bianco del Nord e delle diaboliche trame dei goblin intenti a scavare le loro tane sotto la casa di Babbo Natale.

In breve tempo Babbo Natale e la sua allegra combriccola erano diventati una sorta di famiglia epistolare, giacché spesso Tolkien immaginava che anche Orso Bianco e l’Elfo Ilbereth scrivessero a loro volta parte delle lettere, creando addirittura la loro grafia: quella di Orso Bianco incerta, sgrammaticata e in cerca di un nuovo alfabeto e quella tremolante del vecchio Babbo Natale.

L’autore non si limita, però, ad inventare le storie di Babbo Natale: elabora la sua scrittura e si tiene ad essa fedele, aggiunge dei disegni colorati che illustrano i racconti per renderli più chiari ai bambini.

Non mancano, tuttavia, pagine malinconiche, concentrate negli anni fra il 1939, durante il quale anche gli abitanti del Polo Nord devono affrontare una decisiva battaglia contro i goblin, con Orso Bianco che diventa un eroe, e il 1943, l’anno dell’ultima commovente lettera a Priscilla. Il volume, quindi, non è nato per stupire un grande pubblico, bensì per riscaldare genuinamente il cuore di pochi con delle storie tutt’altro che preconfezionate.

Di seguito, come riporta il giornale online TPI, una delle lettere contenute nella raccolta dell’autore britannico:

Vicino al Polo Nord, Natale del 1925

Miei cari ragazzi

sono tremendamente occupato quest’anno – quando ci penso la mia mano trema ancora più del solito – e non molto ricco. In effetti, sono successe cose terribili, alcuni regali sono stati danneggiati, l’Orso polare non era qui ad aiutarmi e ho dovuto cambiare casa proprio prima di Natale, quindi potete immaginarvi la situazione e capirete perché ho un nuovo indirizzo e perché posso scrivere una sola lettera indirizzata ad entrambi. 

È successo questo: lo scorso novembre, durante una giornata molto ventosa, il mio cappuccio è volato via ed è finito sulla cima del Polo Nord, dov’è rimasto incastrato. Gli ho detto di non farlo, ma l’Orso Polare si è arrampicato su fino all’esile cima per riprenderlo – e ce l’ha fatta. Il Polo si è spezzato a metà ed è caduto sul tetto di casa mia, e l’Orso Polare è caduto giù per il buco fino al mio salotto, col mio cappuccio sul naso, e tutta la neve è caduta dal tetto nella casa e si è sciolta e ha spento tutti i fuochi ed è scesa fino alle cantine dove conservavo i regali per quest’anno, e l’Orso Polare si è rotto una gamba. 

Ora sta bene, ma mi sono così arrabbiato con lui che mi ha detto che non avrebbe più provato ad aiutarmi. È davvero offeso, ma dovrebbe riprendersi entro il prossimo Natale. Vi mando un’immagine dell’incidente, e della mia nuova casa sulle colline sovrastanti il Polo Nord. Se John non può leggere la mia vecchia scrittura tremolante (vecchia di 1925 anni) si faccia aiutare da suo padre. Quando imparerà a leggere Michael, e a scrivermi lettere di suo pugno? Tutto il mio affetto a te e a Christopher, il cui nome è alquanto simile al mio.

Questo è tutto. Arrivederci.

Questo libro trasmette l’immenso attaccamento di Tolkien all’universo fantastico e a una forma di scrittura che lo descrive come un padre che vuole nutrire di sogni e avventure i suoi figli. Le storie di Babbo Natale parlano di allegria, di fatica, di sacrificio, di amicizia e di affetti, ma preparano i giovani Tolkien anche al distacco e alla consapevolezza che, prima o poi, arriva il momento in cui le favole sono destinate ad essere archiviate come tali.

In questi giorni di attesa delle feste, Lettere da Babbo Natale, disponibile su Amazon, è una compagnia calda e preziosa, adatta a ristorare lo spirito e a far brillare gli occhi dei piccoli.

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