"Alfonsina ha le tette sgonfie, Alfonsina ha le gomme piene"
L'incredibile storia di Alfonsina Strada, la prima e unica donna che abbia mai partecipato al Giro d’Italia maschile, sfidando gli uomini
L'incredibile storia di Alfonsina Strada, la prima e unica donna che abbia mai partecipato al Giro d’Italia maschile, sfidando gli uomini
“Come s’unisce al brusio / dei raggi, il mormorio! / Annina sbucata all’angolo / ha alimentato lo scandalo. / Ma quando mai s’era vista, / in giro, una ciclista?”: così Giorgio Caproni, grande poeta italiano, raccontava lo scandalo provocato dalla madre per le vie di Livorno. La sua colpa? Andare in bicicletta, una cosa che per le donne di fine Ottocento era ancora sconveniente. Annina non poteva ancora sapere che, mentre lei a suon di pedalate attirava sguardi inorriditi, qualcuno sarebbe andato anche più in là.
La donna che osò sfidare le convenzioni sociali, solo pochi anni dopo, si chiamava Alfonsina Strada e la sua storia è raccontata nella biografia Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada.
Una vita troppo a lungo dimenticata, celebrata anche qualche tempo fa in una canzone dei Têtes de Bois intitolata Alfonsina e la bici: nel video, a interpretare la ciclista italiana era la grande Margherita Hack.
Alfonsina ha le tette sgonfie
Alfonsina si faceva fina fina la mattina
Alfonsina ha le gomme piene
Alfonsina a una ragazza questa storia non conviene
Alfonsina ha le gomme piene
Alfonsina che c’avevi nella testa che c’avevi nelle vene
Il ritornello della canzone coglie il disagio di una sportiva che ha dovuto lottare per farsi accettare, contro la società e contro la sua stessa condizione personale. Nata il 16 marzo 1891 con il nome Alfonsa Rosa Maria Morini, era infatti la seconda di dieci figli di una coppia di contadini analfabeti. Crebbe a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, in una situazione di povertà e di malattia, circondata non solo dai fratelli, ma anche dai bambini che i suoi genitori accoglievano dagli orfanotrofi.
Il suo primo incontro con la bicicletta fu nel 1901, quando il padre ne portò una a casa. Era quasi ridotta a pezzi, ma si poteva usare: fu così che Alfonsina Morini imparò e diventò brava, tanto che in paese la chiamavano “il diavolo con la sottana”.
Ancora adolescente, iniziò di nascosto a partecipare ad alcune gare ciclistiche domenicali, dicendo che andava a messa. Per far stare tranquilli i genitori, imparò a Bologna il mestiere di sarta, pur continuando a inseguire il suo sogno e ad allenarsi da sola. Nel 1907 iniziò a gareggiare a Torino, l’unica città in cui nessuno si scandalizzava vedendo una donna in bicicletta, in quanto storicamente votata al ciclismo.
Ottenne quindi il titolo di Miglior ciclista italiana e nel 1909 partecipò al Grand Prix di Pietroburgo, in Russia, ricevendo una medaglia dallo zar Nicola II. I giornali si accorsero di lei solo nel 1911, quando a Moncalieri stabilì il record mondiale di velocità femminile, raggiungendo la velocità di 37,192 chilometri l’ora. Grazie a una segnalazione di un giornalista della Gazzetta dello Sport da Parigi, venne chiamata in Francia e anche lì ottenne grandi successi.
Tornata in Italia carica di coppe e trofei, si stabilì a Milano: nel capoluogo lombardo conobbe un giovane cesellatore di nome Luigi Strada. Anche lui appassionato di biciclette, che riparava per passione, non trovava strano che una donna potesse gareggiare in pista su due ruote. Divenne così il suo primo tifoso, oltre che il suo primo grande amore. Qualche anno dopo, in seguito all’entrata in guerra dell’Italia, i due giovani decisero di sposarsi nel municipio milanese, per sentirsi ancora più uniti in un periodo molto drammatico per il loro paese. Come dono di nozze, ça va sans dire, lui le regalò una bicicletta nuova.
Il clima bellico frenò la maggior parte delle competizioni sportive, visto che i giovani erano a combattere. Senza gare a cui partecipare, Alfonsina Strada ebbe un’idea folle, che propose alla Gazzetta: avrebbe potuto partecipare al Giro di Lombardia insieme ai pochi ciclisti uomini rimasti, visto che il regolamento non lo vietava. Il 4 novembre del 1917 si presentò al traguardo, insieme a una quarantina di ciclisti, suscitando stupore e scandalo. Per la cronaca, arrivò ultima. Il bello, però, doveva ancora arrivare.
Nel 1924 riuscì a iscriversi al Giro d’Italia, nonostante le resistenze della Gazzetta, che voleva però creare un diversivo rispetto alla mancanza di grossi nomi in gara. Nella lista diffusa dai quotidiani il suo nome era stato riportato come Alfonsin o Alfonsino, quindi nessuno si aspettava di vedere arrivare una donna. Nonostante gli scherni e lo sdegno di molti, Alfonsina Strada terminò tutte e dodici le tappe, mentre dei novanta partiti solo trenta arrivarono alla fine. Si classificò ultima di questo sparuto gruppo sopravvissuto, quindi per lei fu comunque un grande risultato.
Tuttavia, non le permisero più di partecipare: il clima fortemente maschilista sorto durante gli anni del fascismo le impedì di gareggiare contro gli uomini. Alfonsina Strada non se ne crucciò, continuando a pedalare in incognito in diverse tappe degli anni successivi e vincendo trentasei volte contro ciclisti di sesso maschile.
Dopo aver conquistato il record femminile dell’ora nel 1938, uscì dai radar delle competizioni sportive. Rimasta vedova, nel 1950 sposò l’ex ciclista Carlo Messori e piano piano abbandonò l’agonismo. Aprì un negozio di bici a Milano, che gestì da sola dopo la morte del secondo marito nel 1957. Abbandonò la bicicletta solo per salire a bordo della sua nuova passione, una fiammante Moto Guzzi. Morì il 13 settembre del 1959 a soli 68 anni, proprio a bordo della sua motocicletta.
Web content writer e traduttrice. Parlo poco, scrivo tanto e cito spesso Yeats.
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