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Chiunque ami la musica del menestrello americano capace di tramutare la poesia in note e le storie in versi.

Il nostro voto

Recensione e trama

Quando ero giovane, era il mio eroe. Senza le parole e la musica di Dylan, probabilmente non sarei diventato uno scrittore.

Le parole di Kazuo Ishiguro, Premio Nobel per la Letteratura 2017, impongono una riflessione necessaria legata al premio più prestigioso che un letterato possa sognare di ricevere, quello consegnato nella splendida cornice del Konserthuset, la Sala dei concerti, a Stoccolma. Per essere meritevole di Premio Nobel occorre per forza aver scritto romanzi passati alla storia, poesie in grado di oltrepassare il muro dei secoli per regalarsi all’immortalità?
Evidentemente no, e il caso del celebre predecessore di Ishiguro, Bob Dylan, che ha ricevuto l’ambito riconoscimento nel 2016, ne è la prova vivente; un po’ come nel caso del nostro Dario Fo, che dall’essere giullare di corte si ritrovò catapultato, nel 1997, fra geni mondiali ed eminenze in grado di, come si legge nella definizione che Wikipedia dà del premio, “essersi distinte nei diversi campi dello scibile, apportando i maggiori benefici all’umanità“.

Il menestrello di Dulut, a ben guardare, non è poi tanto diverso da un Omero moderno, capace di incantare milioni di ammiratori rapiti con i suoi versi che parlano di pugili, di guerra e di porte del paradiso su cui bussare. Con una carriera che ha ormai ampiamente tagliato il traguardo del mezzo secolo, forse neppure Bob Dylan stesso però si aspettava di essere onorato con un riconoscimento del calibro del Nobel… Tanto da aver rinunciato a ritirare il premio causa “precedenti impegni”. Ormai quell’episodio è entrato a far parte della cultura contemporanea: viene annunciata l’assegnazione del Nobel per la letteratura a lui, con la motivazione che “Come per Omero e Saffo, in Dylan la musica si fa poesia“, e lui che fa? Declina l’invito, fa leggere la sua lettera di ringraziamento dall’ambasciatrice degli Stati Uniti in Svezia, mentre Patti Smith esegue A Hard Rain’s A-Gonna Fall e si commuove.

Oggi proprio le pagine di quel discorso, che qualcun altro ha fatto per lui, sono contenute in A Nobel Lecture – edito da Feltrinelli nel novembre 2017 e disponibile su Amazon – che tuttavia, pur rievocando la poesia del momento, non risponde alla domanda più interessante: può una canzone essere letteratura?

Se vi aspettate che Dylan risponda al dilemma, rimarrete delusi: nel suo discorso, riportato nel libro, c’è il suo rapporto con quello che ha letto e quello che ha ascoltato, con le storie che ha amato, con i linguaggi che lo hanno nutrito. Ma non la risposta a quanti si chiedono se un cantante possa essere un letterato. Dylan stesso,  del resto, dice “mai una volta ho avuto il tempo di chiedermi se le mie canzoni sono letteratura”,  pur essendo intimamente convinto che la musica sia “un modo di guardare la vita, una comprensione della natura umana e un metro con il quale misurare le cose“. Dopo tutto, non così lontana dalla letteratura, quindi. Forse. O forse ci piace pensarla così, e il suo pensiero enigmatico è solo da noi interpretato come più vorremmo.

Ma, in fondo, non è anche questa la magia della letteratura, o della musica, o di ogni altra forma d’arte? La sua intima meraviglia non sta proprio nel fatto di poter essere guardata e interpretata a piacimento? Insomma, non è forse bello anche così?

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Dettagli

Prezzo Listino: 5,10
Editore: Feltrinelli
Collana: Varia
Data Pubblicazione: 01/01/1970
Pagine: 48
ISBN-10: 8807492342
ISBN-13: 978-8807492341
Lingua Originale: Inglese
Lingua Edizione: Italiano
Titolo Originale: The Nobel Lecture

Informazioni sull'autore

  • Bob Dylan