Stella
Quella donna recitava così tanti ruoli, la modella nuda, la cantante con la voce sottile, la bellezza quando era distesa nella vasca da bagno, la penitente, la bugiarda, la vittima, e la colpevole.
Stella
Consigliato a
chi pensa sia importante non dimenticare gli orrori del Nazismo
Il nostro voto
Recensione e trama
Quante sfaccettature può avere una donna?
Kristin è bella e sicura di sé. Ha capelli folti e morbidi e una borsa sempre piena di cioccolatini. A volte è una modella che posa nuda per degli studenti di arte, altre una cantante del Melodie Club.
Per Friedrich, studente svizzero giunto da poco a Berlino per distinguere le menzogne dalla verità” è impossibile non innamorarsene.
Gli orrori della guerra fanno da sfondo alla storia che nasce tra di loro, una storia d’amore scandita dai misteri che Kristin sembra nascondere e dai bigliettini che si diverte a fare trovare a lui a sorpresa nelle camicie o sotto il cuscino.
Poi improvvisamente Kristin sparisce.
Quando torna, con evidenti segni di tortura, è costretta a confessare la verità. Perché Kristin in realtà non esiste. E qui termina la finzione del romanzo e inizia la storia vera, quella della donna che dà il nome al libro: Stella.
Una storia raccontata facendo ricorso anche agli atti giudiziari e alle dichiarazioni rilasciate in tribunale da testimoni e superstiti.
Perché Stella Goldschlag è esistita veramente. “Veleno biondo” è il soprannome che le hanno dato gli ebrei berlinesi, perché per anni ha collaborato con i Nazisti aiutandoli a dare la caccia agli ebrei. Loro la tenevano in pugno minacciando di uccidere i suoi genitori, e lei, per far fronte agli ordini, si rimpinzava di cioccolatini al pertivin per non sentire “la stanchezza, la fame e il dolore”.
Non si conosce il numero esatto delle persone che morirono nei campi di concentramento a seguito delle segnalazioni di Stella ma se ne stimano diverse centinaia.
E se da una parte è possibile capire cosa la portò inizialmente a mettersi al servizio dei tedeschi, quello che rimane invece un mistero e perché, anche dopo che i suoi genitori furono morti nelle camere a gas, lei continuò a collaborare con la Gestapo.
Tanti sono gli interrogativi che lascia la lettura di questo libro e non possono non rievocare le parole della Arendt nel suo La banalità del male
“Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso.”
Dettagli
Informazioni sull'autore
Scrittore e giornalista d’inchiesta per la rivista tedesca “Der Spiegel”. Ha lavorato come reporter in tutto il Medioriente.
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