Pregiudizi inconsapevoli. Perché i luoghi comuni sono sempre così affollati
Essere consapevoli di questi meccanismi mentali, nonché conoscere gli errori a cui ci conducono, è il primo passo per comprendere meglio la realtà e le altre persone. E per rendere il mondo più inclusivo.
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Consigliato a
Chi ha bisogno di liberarsi di certe sovrastrutture mentali ma non sa da dove partire.
Il nostro voto
Recensione e trama
Quante volte sentiamo le persone dire “Non sono razzista/omofobo/maschilista ma… “?
Francesca Vecchioni oggi propone un’analisi lucida e attenta volta a esplorare proprio le ragioni di quei “ma”, ovvero l’incosapevolezza che, molto dietro, sta alla base dei nostri pregiudizi. Molte delle frasi che diciamo quotidianamente, infatti, riflettono, seppur involontariamente, tutta quella serie di cliché e preconcetti che tutti noi bene o male abbiamo, non perché si sia effettivamente razzisti o omofobi (nella gran parte dei casi), ma semplicemente perché siamo cresciuti con un tipo di cultura e con costrutti sociali che hanno normalizzato certi modi di dire.
Pregiudizi inconsapevoli. Perché i luoghi comuni sono sempre così affollati
Lo vediamo nel rapporto tra i generi, ad esempio, dove è considerato un complimento dire alla collega che “è una donna con le palle”, assumendo l’attributo maschile a fonte primaria di autorevolezza e rispetto; ma il discorso può essere ampliato a una miriade di situazioni, dall’uomo che piange giudicato “femminuccia”, fino all’amico imbranato o all’automobilista che ci fa un torto nel traffico che diventa subito “handicappato/Down” e via dicendo.
Il fatto è che siamo totalmente immersi in questa selva di luoghi comuni e non ce ne rendiamo nemmeno conto, così il circolo vizioso si amplia, e questi stereotipi discriminatori finiscono con il rafforzarsi sempre più. Così, basandosi sugli studi di psicologia comportamentale più recenti, Vecchioni li smaschera a uno a uno, con tono ironico e dissacrante, facendoci comprendere quante sono le volte in cui, senza volerlo, cadiamo nella trappola del cliché; al contempo, ci aiuta a capire le nostre dinamiche cognitive, per individuare gli errori più frequenti ma anche per offrirci un punto di partenza per modificare il nostro sguardo.
È importante perché avere una nuova prospettiva ci permetterebbe di abbattere quelle categorie in cui, per vizio culturale, siamo soliti incasellare le persone: le donne che non sanno guidare, i gay che sono sensibili, gli anziani che sono lenti in tutto ciò che fanno.
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Informazioni sull'autore
Nata a Firenze, cresciuta a Roma, laureata in Scienze politiche, Vecchioni è un’attivista per i diritti civili, esperta in comunicazione e g...
- Francesca Vecchioni
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