La mia parola contro la sua
Se impariamo a guardare il mondo con lenti di genere, si apriranno nuovi spiragli, nuovi colori e nuove strade, e allora impareremo che una civiltà senza violenza può esistere, che l'armonia fa parte di noi, che uomini e donne possono stare l'uno al fianco dell'altra con amore e valore, che il nostro modo di parlare può essere più limpido, pulito e chiaro, che il silenzio dei complici si chiama omertà ed è un muro che va abbattuto.
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Tutti, purché disposti a liberarsi di pregiudizi e stereotipi.
Il nostro voto
Recensione e trama
Quanto forti sono ancora i pregiudizi e gli stereotipi nei confronti delle donne che dichiarano di subire molestie o violenza?
Sembra ancora largamente – e tristemente – diffusa la tendenza a mettere perennemente in dubbio la parola della vittima, a screditarla, e il blame the victim resta un’impietosa consuetudine che risponde a quella necessità, dal gusto un po’ sadico e voyeurista, di ricercare a tutti i costi una colpa anche in chi subisce. Il caso di Christine Blasey Ford, per citarne uno dei più recenti, ne è la prova più rotonda ed evidente.
Ma, a prescindere dall’opinione pubblica, che ha un peso, sì, ma non rilevante a livello giuridico, ancor più preoccupante è che se le medesime perplessità e lo stesso atteggiamento inquisitorio nei confronti della vittima arriva da chi dovrebbe essere garante di legalità e tutela, i giudici appunto. Con la sua attività di magistrata, oggi Paola Di Nicola ha deciso di affrontare il problema della colpevolizzazione delle vittime dal suo punto di vista, quello delle aule del tribunale, il luogo in cui dovrebbe regnare la verità e invece, troppo spesso, trionfa ancora lo stereotipo. Un post di L’ha scritto una femmina chiarisce perfettamente il focus del libro del giudice penale, nominata Wo-Men Inspiring Europe 2014 dall’EIGE (European Institute for Gender Equality).
Vi chiedo di rompere il muro di omertà che perpetua la violenza e che non è affatto una simpatica solidarietà tra uomini, ma è la vigliaccheria di chi ha potere, sa quel che accade e non parla per proprio interesse, per non rompere regole e assetti comunque comodi.
Vi chiedo di arrabbiarvi per primi e prendere la parola quando a tavola o al bar sentite il solito modo di raccontare le donne: voi ben sapere qual è, non devo spiegarvelo. Sono i vostri “discorsi da spogliatoio”. E se non vi riesce vi insegno un trucco: pensate sempre che in quel momento stiano parlando di vostra madre o vostra figlia.
Scrive Paola rivolgendosi agli uomini; perché partire proprio da lì, da loro e dal loro modo di relazionarsi con la figura femminile, è il primo modo per capire che il problema non è “solo delle donne”, ma universale, e che proprio lavorando insieme si può risolvere. La cooperazione, la collaborazione, l’empatia sono gli ingredienti per abbattere pregiudizi e cliché sessuali. E il libro di Di Nicola è un perfetto manuale per chiunque sia disposto a comprendere questo messaggio essenziale.
Uscito il 5 ottobre 2018, La mia parola contro la sua ha un sottotitolo estremamente significativo: quando il pregiudizio è più importante del giudizio. Quello è il punto di partenza, fondamentale, da cui ricostruire una nuova cultura, libera finalmente dai retaggi passati e dall’impronta dichiaratamente maschilista. Capire che il giudizio è riservato, con cognizione di causa e vera imparzialità, solo alle sedi opportune, e che il pregiudizio è sinonimo di ignoranza, e sarebbe bene liberarsene, ora e subito.
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Biografia non disponibile
- Paola di Nicola
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