Avete visto la serie Chernobyl targata Hbo? Se l’avete vista, potreste sapere che è tratta da un libro, Preghiera per Chernobyl di Svjatlana Aleksievič.
Cos’ha di tanto speciale questa miniserie del 2019? Be’, per chi conosce un po’ la storia dell’Unione Sovietica lo sa: la serie ha esposto alle giovani generazioni la tragedia di Chernobyl. Quel dramma mostrò al mondo le carenze del Soviet, fino a quel momento occultate dalla propaganda. È stato allora che persone in tutto il mondo hanno visto l’Urss con occhi nuovi, diversi.
Di libri di guerra – ha raccontato l’autrice, come riporta BalcaniCaucaso – in Unione Sovietica ne circolavano a migliaia; libri su una catastrofe di questo tipo invece non ne erano mai esistiti e mancava proprio un linguaggio, delle parole per descrivere quanto era accaduto e ancora succedeva. Andando allora a Chernobyl, mi trovai davanti una situazione a dir poco straniante: il luogo era come rimasto uguale, apparentemente; eppure era allo stesso tempo tutto morto. La radiazione è un collasso totale per le nostre capacità umane, perché nessuno dei cinque sensi ci aiuta a percepire cosa sia e quindi non sappiamo nemmeno trovare le parole per descriverla. Pare che invece per gli animali sia diverso: allora, molti uccelli sceglievano di suicidarsi, andando a sbattere con violenza contro i vetri, le mucche si rifiutavano di bere l’acqua dei fiumi. Ecco, mi ci sono voluti undici anni per riuscire a scrivere di Chernobyl.
Svjatlana Aleksievič, vincitrice di un premio Nobel, ha scritto diversi libri su differenti argomenti. Sette di questi sono stati pubblicati in Italia e sono esemplificativi delle tematiche affrontate dalla scrittrice: Tempo di seconda mano, Preghiera per Chernobyl, Gli ultimi testimoni, La guerra non ha un volto di donna, Ragazzi di zinco, Il male ha nuovi volti e Solo l’amore salva dall’ira. Come si evince da questi titoli, la scrittura di Svjatlana Aleksievič si è sempre indirizzata verso le testimonianze della gente comune. Delle donne in particolare, e non solo perché lei stessa è una donna.
Volete sapere com’è la campagna slava? – ha chiesto – Tutti si conoscono, si sta spesso fuori, si sa tutto di tutti, si ascolta. Inoltre, questa prospettiva di ascolto caratterizzava anche le estati che, bambina, passavo dalla mia amata nonna, in Ucraina: mi ricordo queste bellissime donne che lavoravano nei campi, le loro lunghe trecce bionde, i loro occhi vivi, i vestiti colorati e i loro racconti personali, tragici, drammatici. Si è come instillato allora in me il gene della verità.
Tempo di seconda mano di Svjatlana Aleksievič
Preghiera per Cernobyl' di Svjatlana Aleksievič
Gli ultimi testimoni di Svjatlana Aleksievič
La guerra non ha un volto di donna di Svjatlana Aleksievič
Ragazzi di zinco di Svjatlana Aleksievič
Il male ha nuovi volti - L'eredità di Cernobyl' di Svjatlana Aleksievič
Solo l'amore salva dall'ira di Svjatlana Aleksievič
Sfogliamo insieme la gallery per conoscere la storia della scrittrice Svjatlana Aleksievič.
Il Premio Nobel
Nel 2015 ha vinto il premio Nobel per la letteratura, con la seguente motivazione:
per la sua scrittura polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo.
È stata la quattordicesima donna a ricevere questo riconoscimento, la prima persona di origini bielorusse, la seconda di origini ucraine.
Altri premi
Come riporta Dw, è stata insignita nel 2013 in Germania con il Peace Prize of the German Publishers and Booksellers Association con la seguente motivazione:
Le sue tragiche cronache dei singoli destini umani coinvolti nel disastro di Chernobyl, la guerra sovietica in Afghanistan e il desiderio insoddisfatto di pace dopo lo sgretolamento dell’Impero sovietico danno espressione tangibile a una corrente sotterranea di delusione esistenziale che è difficile ignorare.
Nel 2019 ha ricevuto a Pordenone il premio La storia in un romanzo.
I temi
I suoi libri affrontano diversi temi: la guerra tra Russia e Afghanistan, il disastro nucleare di Chernobyl, ma anche l’amore. Spesso le sue narrazioni hanno una connotazione spiccatamente femminile, perché le testimonianze delle donne sono importanti ai fini storici dei volumi scritti dall’autrice.
Sul presente delle nazioni ex sovietiche
Svjatlana Aleksievič si augura un presente e un futuro migliore per Russia, Bielorussia e quelle nazioni che ancora risentono di ciò che è stato il regime sovietico.
Parlando a Londra con Mikhail Khodorkovskij (ex magnate e oppositore di Putin ora in esilio, ndr) – ha raccontato in un’intervista al Corriere della Sera – ci siamo detti che ci rendiamo conto di una cosa. Se una persona è stata nel Gulag sovietico, appena uscita non può essere libera, non sa cosa voglia dire la libertà. Hanno preso il sopravvento i banditi e continuiamo a vivere secondo le regole del Gulag. Noi non possiamo che preparare la gente per il futuro che potrebbe anche essere abbastanza lontano.
Persecuzioni
Svjatlana Aleksievič è stata oggetto di persecuzioni a partire dal volume La guerra non ha volto di donna. La scrittrice fu accusata per esso di pacifismo (come se questo possa essere un accusa) e di aver rappresentato la donna sovietica in maniera non eroica, come riporta il sito Lannan. Ragazzi di zinco, dapprima ritirato, fu rimesso in commercio ai tempi della Perestroika, ma fu inviso da militari e comunisti. Nel 1992 è stata portata in tribunale per aver sostenuto le proteste dei gruppi internazionali a favore dei diritti umani.
La motivazione
Perché Svjatlana Aleksievič è diventata una scrittrice?
Sento di aver vissuto nel mezzo della storia – ha dichiarato – e pertanto percepivo come un dovere quello di affrettarmi e mettere tutto su carta.
Il giornalismo
Si è laureata in giornalismo, ma era difficile essere una giornalista sotto il regime sovietico, perché non si poteva raccontare la verità. La stampa, per lei
era solo propaganda, mentre io volevo raccontare le storie che sentivo dalla gente comune, nelle campagne sono persone la cui coscienza non è ancora stata corrotta dalla letteratura o dai giornali: ogni ragionamento è loro, individuale.
Le origini e le sue migrazioni
Classe 1948, è bielorussa per parte di padre e ucraina per parte di madre. È cresciuta in Bielorussa fino a quando non sono iniziate le persecuzioni, per cui si recò in varie nazioni (Italia, Francia, Germani, Svezia) poiché era creduta un’agente della Cia. Solo nel 2011 è potuta tornare a Minsk.
- Storie di Donne
Cosa ne pensi?