La meraviglia di Charlotte Salomon che morì incinta a 26 anni in una camera a gas
La storia della pittrice tedesca di origine ebraica, uccisa ad Auschwitz a soli 26 anni, mentre era incinta del suo primo figlio
La storia della pittrice tedesca di origine ebraica, uccisa ad Auschwitz a soli 26 anni, mentre era incinta del suo primo figlio
“Dopo Auschwitz, nessuna poesia, nessuna forma d’arte, nessuna affermazione creatrice è più possibile”, scrisse il grande filosofo Theodor Adorno, parlando dell’Olocausto. La storia di Charlotte Salomon ci racconta però che proprio l’espressione artistica rappresentò per qualcuno una forma di resistenza contro l’orrore della quotidianità.
La pittrice berlinese, morta incinta a soli 26 anni, prima di essere deportata riuscì ad affidare al suo medico francese le centinaia di tempere realizzate durante l’ascesa del nazismo.
“È tutta la mia vita”, gli disse, consegnandogli non solo i disegni, ma anche i suoi taccuini. Oggi è possibile ripercorrere il suo breve e intenso percorso umano nel corposo volume Vita? O teatro?, edito oggi da Castelvecchi. Pubblicato nella sua forma integrale, raccoglie l’esperienza di una giovane artista che nelle sue opere cercava un’ultima fortezza contro il nemico alle porte. Un nemico contro cui non poteva nulla, ma che non riuscì mai a ridurla a vittima impotente.
E, come è accaduto per tutti in questa epoca, nessuno essendo in grado di ascoltare l’altro e tutti mettendosi a parlare di se stessi, è sorto in questa persona, allo stesso tempo segnata dal dolore e appena al di sopra della mischia, un sentimento di grande impotenza alla vista di tutti questi esseri che tentano di aggrapparsi al ramo più piccolo, mentre infuria la più terribile delle tempeste.
La vicenda di Charlotte Salomon ha ossessionato per anni anche lo scrittore francese David Foenkinos, rimasto folgorato prima dai suoi quadri e poi dalla sua terribile fine. Così è nato Charlotte, un libro biografico importante per comprendere i quadri e le parole dell’artista tedesca. Intervistato da Daniela Cavini per Sette, l’autore ha spiegato la sua decisione di narrare la vita della giovane.
Volevo avvicinarmi il più possibile a lei, vedere ciò che aveva visto. Di questa artista non ci resta quasi nulla, solo un’unica opera autobiografica, “Vita? O Teatro?” con 1300 immagini a gouache. La mia ricerca voleva aggiungere qualcosa. Sono tornato varie volte nel suo appartamento di Berlino, nella scuola che frequentava, e poi nella camera d’hotel dove si è rinchiusa a dipingere, per due anni.
E dopo la pubblicazione, le reazioni sono state moltissime e anche imprevedibili.
Dopo l’uscita del libro ho ricevuto tantissime testimonianze, fra cui quella della nipote dell’uomo che l’ha tradita. Sì, oggi so chi è stato. Era un miliziano conosciuto in paese, l’ha denunciata insieme a suo fratello, il farmacista che indicò la strada ai nazisti. È stato ucciso alla fine della guerra. Nei piccoli centri le cose si sanno… Ma non ho voluto insistere su questo aspetto. Io volevo parlare di lei, un’artista straordinaria, poco conosciuta, destinata a grandi cose se fosse sopravvissuta.
Sfogliate la gallery per ripercorre la vita di Charlotte Salomon…
Charlotte Salomon nacque a Berlino il 16 aprile del 1917. Sua madre era la musicista Franziska Grünewald, mentre suo padre Albert Salomon era un noto medico chirurgo. Fino a nove anni la sua infanzia trascorse felicemente, poi qualcosa spezzò l’idillio della famiglia: sua madre si suicidò, gettandosi da una finestra, ma alla piccola Charlotte raccontarono che si era trattato di un’influenza. Quando diversi anni dopo anche la nonna di Charlotte si tolse la vita, il nonno le confessò che altre quattro donne della sua famiglia si erano suicidate. Lo racconta la scrittrice Katia Ricci, che qualche anno fa ha pubblicato una biografia sull’artista.
Nel 1930 il padre di Charlotte sposò in seconde nozze la cantante lirica Paula Levi, che divenne una figura materna per lei. Il nazismo, però, era alle porte: dopo le Leggi di Norimberga, che limitavano le libertà degli ebrei, la giovane fu costretta a lasciare il liceo. Partì dunque per un viaggio in Italia con i nonni e lì si appassionò all’arte. Tornata a Berlino, nel 1936 riuscì a iscriversi all’Accademia solo perché suo padre si era distinto durante la Prima Guerra Mondiale.
Quando suo padre fu rinchiuso brevemente nel campo di Sachsenhausen, due anni dopo, lei decise di lasciare l’Accademia. Si rifugiò a Nizza, dove vivevano i nonni, ma la sua situazione personale iniziò a precipitare. Dopo il suicidio della nonna nel 1940 e un periodo di lavoro forzato di tre settimane a Gurs, nei Pirenei, Charlotte Salomon tornò a dedicarsi ai suoi dipinti.
“Ne ho abbastanza di questa vita, ne ho abbastanza di quest’epoca”, scrisse Charlotte nei suoi taccuini, ma tuttavia non si arrese. Ritornata a Nizza, dopo i lavori forzati, iniziò la sua serie di 769 dipinti intitolata Vita? o Teatro?, accompagnata da annotazioni e da composizioni musicali. Usando soprattutto i colori primari, realizzò quella che qualcuno oggi considera la prima vera graphic novel della storia.
Nelle centinaia di tavole realizzate in pochi mesi, Charlotte Salomon condensò i suoi pensieri più cupi, quasi a voler esorcizzare il grande dolore: c’erano i lutti familiari, l’esilio in Francia e ovviamente l’orrore del nazismo, con le piazze minacciose e la perdita dei diritti.
I dolori non erano ancora finiti: nel 1943 il nonno di Charlotte ebbe un infarto per strada, in seguito al quale morì in febbraio. Gli orrori si moltiplicavano, ma restava un’unica speranza, oltre all’arte: l’amore.
Durante l’esilio a Nizza, nella villa della ricca mecenate Ottilie Moore, Charlotte si innamorò di Alexander Nagler, anche lui nascosto in attesa della fine delle persecuzioni. I due decisero di sposarsi e andare a vivere insieme, ma fu proprio la loro unione a tradirli, dato che i matrimoni misti erano vietati.
Ricevuta la segnalazione anonima, la polizia iniziò a cercarli e li arrestò nel settembre dello stesso anno. Furono entrambi portati ad Auschwitz: Charlotte, incinta di quattro mesi, non passò la selezione e il 10 ottobre fu uccisa nella camera a gas. Suo marito morì solo pochi mesi dopo, il 1 gennaio del 1944.
Prima di essere arrestata e deportata, Charlotte Salomon fece in tempo a consegnare al suo medico francese tutte le tavole della serie Vita? o Teatro?. Alla fine della guerra, l’uomo le riconsegnò al padre della pittrice e alla matrigna, sopravvissuti alle persecuzioni. Oggi l’intera opera si trova al Joods Historisch Museum di Amsterdam.
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