“Forse ho un destino. Forse è vicino e lo ignorerò”. Così scrisse in una delle sue lettere Annemarie Schwarzenbach, scrittrice, fotografa e giornalista svizzera oggi quasi del tutto dimenticata, nonostante una vita brevissima, ma molto intensa. Androgina, apertamente lesbica e viaggiatrice, si ribellò all’ambiente austero in cui era cresciuta, scegliendo per sé un’esistenza da romanzo d’avventura, purtroppo spezzata da un tragico incidente. Una vita raccontata anche da Melania Mazzucco in Lei così amata, romanzo biografico che ha reso giustizia a una donna “che sembrava incarnare tutta la storia d’Europa”.
Lei così amata
Figlia di una ricchissima famiglia svizzera di produttori di seta, Annemarie Schwarzenbach nacque a Zurigo nel 1908 e venne educata a casa fino alla tarda adolescenza. Durante l’infanzia, per volontà della madre Renée, Annemarie assunse un’identità maschile, firmandosi nelle sue lettere come Fritz. Quell’alter ego maschile, assunto inizialmente per compiacere la madre, divenne con gli anni la sua vera identità.
Ben presto scoprì di avere un destino diverso da quello che la sua famiglia sognava per lei. Fu così che iniziò a frequentare un mondo più libero e bohèmien di quello in cui era cresciuta, dedicandosi alla scrittura, soprattutto su incoraggiamento di Klaus ed Erika Mann, figli del grande scrittore. Come ricordato in un articolo di Valentina della Seta per Il Messaggero, così Klaus Mann descrisse l’aspetto dell’amica, riportando le parole di suo padre Thomas Mann (da loro soprannominato Mago):
Quando cenò con noi per la prima volta a Monaco, il Mago la guardava con la coda dell’occhio con un misto di ansia e piacere, e a un certo punto le disse che era curioso il fatto che, se fosse stata un ragazzo, si sarebbe potuto dire che era di straordinaria bellezza.
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Proprio l’amicizia con i fratelli Mann le fu fatale. Affascinata dalla loro vita da intellettuali, precipitò in una spirale di droga e depressione da cui non riemerse mai più. Fu proprio Annemarie a descrivere l’incontro con Erika in un intenso racconto, intitolato Ogni cosa è da lei illuminata e pubblicato nel 2012 per Il Saggiatore. Il manoscritto, conservato per decenni nell’Archivio svizzero di letteratura di Berna, è stato ritrovato nel 2007 da Alexis Schwarzenbach, nipote della scrittrice, che ne ha curato personalmente la pubblicazione.
Ogni cosa è da lei illuminata
Vedere una donna: solo per un secondo, solo nel breve spazio di uno sguardo, per poi perderla di nuovo, da qualche parte, nell’oscurità di un corridoio, dietro una porta che non ho il diritto di aprire.
Il primo incontro era avvenuto nel 1929, nell’ascensore di un lussuoso albergo sulle Alpi svizzere, dove Annemarie Schwarzenbach aveva incontrato una misteriosa donna seducente con indosso un cappotto bianco. Solo per un secondo i loro occhi si erano incontrati, trascinandola in una storia di autodistruzione. L’amore non ricambiato di Erika Mann la spinse infatti nel 1929 a un tentato suicidio e alla rottura con la famiglia.
Anti-nazista, diversamente dai suoi genitori, nel 1935 Annemarie Schwarzenbach cercò comunque di rappacificarsi con la madre, sposando un uomo che non amava. Fu in quel periodo che iniziò a viaggiare per tutto il mondo, continuando a scrivere incessantemente. Per tentare di curare il suo profondo malessere, si sottopose (e spesso venne sottoposta) a numerose perizie psichiatriche, entrando e uscendo da ospedali e case di cura.
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Dopo un turbolento soggiorno a New York, dove spezzò il cuore della scrittrice Carson McCullers (che le dedicò il libro Riflessi in un occhio d’oro) e dove venne internata in un manicomio e sottoposta a trattamenti indicibili, nel 1942 Annemarie tornò in Svizzera. Il 7 settembre 1942 avrebbe dovuto dare una svolta alla sua vita, comprando la sua prima casa, sulle amate Alpi svizzere. Mentre si stava recando in bici da Sils a Silvaplana, insieme all’aviatrice Isabelle Trumpy, cadde dalla bici e batté la testa su una pietra.
Gli ultimi giorni della sua vita Annemarie li visse da prigioniera, rinchiusa in una stanza senza poter ricevere le visite delle persone che l’avevano amata, dato che la madre aveva proibito l’ingresso ai non familiari. Morì il 15 novembre 1942 a Sils, sola e isolata dal resto del mondo.
Annemarie Schwarzenbach ritratta da Marianne Breslauer
“Se mi avessero detto che era l’arcangelo Gabriele e che mi trovavo davanti al paradiso, ci avrei creduto. Non sembrava né una donna né un uomo, ma un angelo, un arcangelo, così come io mi immagino un arcangelo”, disse la fotografa Marianne Breslauer di Annemarie Schwarzenbach, come ricordato nel libro La vita in pezzi di Areti Georgiadou.
Ha amato la figlia di Thomas Mann
Annemarie Schwarzenbach fu molto amata, ma solo una donna riuscì a convincerla ad amare. La scrittrice Erika Mann rimase infatti la pietra di paragone per tutta la sua vita, sebbene sia stata l’unica a non darle quell’amore che lei desiderava ardentemente.
Erika Mann
Nata a Monaco di Baviera nel 1904, Erika Mann era la primogenita dei sei figli dello scrittore Thomas Mann e di sua moglie Katia. Autrice di libri per l’infanzia, curò anche la pubblicazione della raccolta di lettere scambiate con il padre nel libro Mein Vater, der Zauberer (Mio padre, il mago).
Annemarie Schwarzenbach con Erika Mann e Klaus Mann
Nel 1926 Erika Mann sposò il famoso attore Gustaf Gründgens, ma i due divorziarono nel 1929. Dopo aver pubblicato un libro in cui raccontava il suo viaggio intorno al mondo con il fratello Klaus, nel 1932 pubblicò il primo dei suoi libri per l’infanzia. Fu in quel periodo che iniziò a frequentare le donne, intrecciando relazioni con l’attrice Pamela Wedekind, con la regista Therese Giehse, con la giornalista Betty Cox e con Annemarie Schwarzenbach.
Annemarie Schwarzenbach con Erika Mann, Klaus Mann e un amico
Annemarie incontra Erika Mann il 16 dicembre 1930 a Zurigo, durante una conferenza tenuta dalla scrittrice e dal fratello Klaus Mann. Da poco tornati da un viaggio intorno al mondo, i due fratelli Mann incarnavano tutto ciò che Annemarie amava: Klaus era critico teatrale, saggista e romanziere, omosessuale dichiarato, figura dissidente e dirompente della Berlino bohémien di quegli anni. Erika era attrice e scrittrice dal fascino androgino. I tre cominciano a frequentarsi assiduamente.
Erika non ricambiò mai Annemarie
Annemarie ed Erika cominciarono anche a scriversi assiduamente, ma l’interesse della Mann scemò rapidamente. Quest’ultima iniziò a tenere a distanza l’amica: pare che i due talentuosi fratelli non credessero nelle potenzialità di Annemarie. La frequentazione di Erika e Klaus la fece entrare anche nel circolo vizioso della droga, da cui non riuscì mai a liberarsi.
Sapeva di essere nata per scrivere
Nonostante le insicurezze e i dubbi, Annemarie Schwarzenbach sapeva di essere nata per scrivere. Chiese a Erika e Klaus Mann consigli e correzioni per i propri scritti, a cui si ispirò per la pièce teatrale Geschwister (Fratelli). Il suo lavoro, tuttavia, non venne apprezzato.
Era anti-nazista, diversamente dalla famiglia
L’amicizia tra i Mann e Annemarie si affievolì in seguito allo scandalo provocato nel 1934 in uno spettacolo di cabaret di Erika. Il suo attacco allo zio di Annemarie non piacque alla famiglia Schwarzenbach, simpatizzante nazista, che fece di tutto per far chiudere le rappresentazioni, considerate di propaganda comunista. Erika Mann sosteneva che fosse stata proprio la madre di Annemarie a far pressione alle autorità svizzere.
Fascino androgino
Annemarie Schwarzenbach si schierò dalla parte dell’amica Erika, contro la sua stessa famiglia, ma non servì a nulla. Il rapporto tra le due ormai si era raffreddato. Fu così che il 15 gennaio del 1935 Annemarie cercò inutilmente di togliersi la vita. Si salvò, ma ormai la donna che amava stava per partire.
Erika Mann e Wystan Hugh Auden
Fervente anti-nazista, con l’avvento del regime Erika Mann decise di trasferirsi prima in Francia e poi in Inghilterra, dove sposò lo scrittore omosessuale inglese Wystan Hugh Auden per acquisire un passaporto britannico. Chiaramente, entrambi erano d’accordo. Dal 1936 in avanti Erika Mann visse in prevalenza negli Stati Uniti, insieme al padre Thomas, dove svolse attività di corrispondente per la BBC. Poté fare ritorno in Europa soltanto alla fine della guerra, nel 1952. Morì a Zurigo, in Svizzera, nel 1969.
Ha sposato un uomo solo per far contenta la madre
Ad aggravare la situazione della Schwarzenbach c’era anche il matrimonio di facciata con il diplomatico francese Claude Achille Clarac, deciso nell’autunno del 1934.
Annemarie Schwarzenbach con il marito Claude Clarac
Annemarie sperava che il suo “finto” matrimonio con Claude avrebbe calmato le acque, portando pace nella sua famiglia. Cercò disperatamente la serenità, ma non c’era alcuna soluzione al suo dolore interiore. Nonostante un’esistenza apparentemente tranquilla in Persia, insieme al marito, intrecciò alcune storie d’amore con altre donne.
Annemarie Schwarzenbach con Ella Maillart
Nel giugno del 1939 Annemarie Schwarzenbach partì dalla Svizzera insieme all’amica Ella Maillart, verso l’Iran. Al termine del loro itinerario, la Maillart scrisse un libro che in italiano è tradotto con il titolo La via crudele. Due donne in viaggio dall’Europa a Kabul, dove la Schwarzenbach è descritta con lo pseudonimo Christina. Durante il viaggio, forse a causa della dipendenza da droghe di Annemarie, tra le due donne scoppiò una crisi che sfociò nella divisione. Tornata in Svizzera, decise di partire per gli Stati Uniti, dove rivide i Mann. Dopo altri viaggi e disavventure, tornò in Svizzera e nel 1942 morì in seguito a un incidente in bicicletta sulle Alpi.
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